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Turchia, svolta islamica: "È ora che il velo entri nelle università"

Il premier Erdogan: "Vogliamo uno Stato europeo ma le ragazze devono vestirsi come credono"

Turchia, svolta islamica: "È ora che il velo entri nelle università"
Ankara - L'unica cosa certa è che ieri la parola «laicità» non l'ha nominata nemmeno una volta. Per il resto si può solo aspettare e sperare in un atto di buon senso. Ma, a leggere quello che Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato al Financial Times, sembra chiaro che il partito islamico moderato al potere in Turchia sia più che determinato a rendere libero l'utilizzo del velo anche dove adesso è vietato, cioè nelle università.

La polemica è alta e alcune istituzioni laiche della Repubblica hanno fatto sapere che sono pronte a dare battaglia. Forse anche per questo ieri pomeriggio il premier è comparso a grande sorpresa davanti alle telecamere. La motivazione ufficiale era quella di parlare dei lavori sulla revisione della Carta costituzionale, quella ufficiosa tranquillizzare gli animi. E per farlo Erdogan ha usato la più astuta delle armi: l'ingresso del Paese in Unione europea.

«Quella a cui stiamo lavorando - ha spiegato il premier in diretta - non è la costituzione dell'Akp, ma la nuova legge madre di tutto lo Stato turco e sarà una legge in grado di regolare uno stato moderno e democratico». Erdogan ha anche aggiunto che sulla bozza si confronteranno anche esponenti del mondo accademico e della società civile. Visto così il discorso del premier rientrerebbe nella più ovvia delle routine politiche. Ma ieri mattina tutti i quotidiani locali aprivano con una notizie che di ordinario aveva ben poco.

L'altra notte gli alti dirigenti del partito di maggioranza, Erdogan incluso, sono stati per otto ore a dibattere su uno dei punti più spinosi della nuova Costituzione: abolire il divieto di indossare il velo islamico. Secondo anticipazioni riportate dai quotidiani Hurriyet e Zaman, la formula pensata dal primo ministro sarebbe la seguente: sì al velo islamico se motivato da una libera scelta negli atenei, purché sia quello della tradizione turca, composto da una cuffia sovrastata da un foulard. Resta quindi escluso il chador e altri tipi di copertura che non si limitino alla testa. Alle indiscrezioni sulla riunione sono seguite le dichiarazioni di Erdogan al Financial Times di ieri, rimbalzate su tutti i media turchi: «Il divieto sull'utilizzo del turban deve finire. Le ragazze devono essere libere di poter andare all'università come credono. Nei Paesi occidentali non ci sono problemi su questo aspetto, ma in Turchia sì, e credo sia compito della politica risolverli».

Motivazioni sufficienti per fare gridare i rettori delle università turche all'allarme e minacciare il governo di ricorrere alla Corte europea per i diritti umani se non desisteranno dai loro propositi. L'opposizione è preoccupata per la tenuta della laicità nel Paese, i militari per il momento tacciono. Ed Erdogan è intervenuto in televisione per tentare di sviare il discorso. Durante il suo intervento il velo islamico non lo ha mai citato. Ma a fine conferenza, messo alle strette dai giornalisti, ha dovuto affrontare l'argomento. E tutta la diplomazia usata fino a quel momento è andata a rotoli. Dopo aver invitato i rettori delle università a occuparsi del loro lavoro, il primo ministro ha detto: «Non abbiamo ancora deciso nulla.

I lavori sono ancora in corso, prima di criticarci potrebbero almeno aspettare che siano finiti».

Insomma, Erdogan chiede tempo e fiducia. In compenso il neoeletto presidente della Repubblica la sua scelta sembra già averla fatta. Due giorni fa si trovava a Cipro Nord in visita ufficiale con la moglie velata Hayrunissa. Ai giornalisti che gli chiedevano sulle future presenze pubbliche della first lady, Gül ha risposto: «Sarà sempre al mio fianco, non credo ci sia bisogno di aggiungere altro».
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