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Tutti pazzi per il durian il frutto che puzza

Pelle spinosa e cuore morbido e delizioso: l'import è cresciuto del 35% negli ultimi anni

Tutti pazzi per il durian il frutto che puzza

Il durian, il frutto più puzzolente del mondo o il re dei frutti secondo le versioni, piace ai cinesi. Sempre di più. Negli ultimi anni le importazioni sono aumentate del 35 per cento all'anno secondo dati delle Nazioni Unite, con un mercato da 1,1 miliardi di dollari (940 milioni di Euro) nel 2017, contro i 243 milioni di dieci anni fa. Le autorità doganali cinesi parlano di 250 tonnellate l'anno importate. Un festival del durian malese recentemente a Nanning ha attirato più di 150mila persone. E le promozioni online di questo frutto vanno a ruba. La «Giornata del durian» organizzata da Jd.com quest'anno in 24 ore ha totalizzato 428mila chilogrammi di vendite del controverso frutto (l'anno scorso erano 330mila chili, il 30 per cento in meno), mentre in aprile su Alibaba in 60 secondi sono stati venduti ben 80mila frutti. Il gigante dell'e-commerce cinese aveva in quel caso attivato un accordo con la Thailandia, il maggior produttore mondiale. E i durian-lovers cinesi ne hanno subito approfittato.

La moda del durian ha portato anche alla nascita di una miriade di prodotti correlati, al gusto o al ripieno di crema di durian: dal formaggio allo yogurt, dal caffè, a lecca lecca e ghiaccioli, gelato, torte e snack. Sono nati negozi che propongono unicamente prodotti a base di durian e ristoranti specializzati. Anche le grandi catene non si sono fatte attendere. McDonald's ha lanciato il McFlurry, un gelato soffice e spumoso e i pancake al durian, mentre Pizza Hut ha proposto una pizza al durian in edizione limitata che l'anno scorso è andata a ruba.

Ma cos'è questo frutto misterioso dalla pelle spinosa (il nome deriva proprio dalle sue spine, durio in malese) e dal cuore morbido come una crema e delizioso, ma che odora di formaggio andato a male o di calzino sudato dopo una partita di calcetto prolungata ai tempi supplementari? Julia Child, leggendaria cuoca e autrice di libri di cucina americana, disse che aveva un odore di «bambini morti con fragole e Camembert».

Forse per questo non ne avete mai sentito parlare, anche se cresce lungo la fascia tropicale dal Vietnam al Borneo alle Hawaii, dalla Costa Rica a Brunei. È dunque disponibile, volendo, tutto l'anno. Ce ne sono migliaia di varietà: 130 sono state registrate in Malesia, e 234 in Thailandia, i due maggiori Paesi produttori. Ciascuna di queste varia per colore (ce ne sono di una polpa arancio vivo anziché l'usuale giallo-crema), aroma, gusto e consistenza, ma anche per forma che può essere ovale, sferica o piramidale.

«Ci sono durian che sanno di caffè, cioccolato al latte, crema di cocco, whisky, vino o rum alla banana» dice Lindsay Gasik, un'americana che con una sconfinata passione per il durian, rafforzata percorrendo «la via del durian», un viaggio attraverso 12 Paesi in 12 mesi per assaggiare il frutto dove maturava in quel momento. Ora vive in Malesia, ha creato un blog, scritto due libri e organizza tour tra i produttori locali.

Insomma dalla provenienza e dalle nuances di gusto, anche il durian ha i suoi top di gamma, le sue classifiche, i suoi intenditori.

Le cronache con protagonista il frutto divino sono numerose. In Australia, 500 persone sono state evacuate dalla libreria dell'università di Melbourne a causa di un frutto marcio lasciato da un distratto studente in un armadietto. Si era sospettata una fuga di gas. In Thailandia, Giappone, Hong Kong e Singapore è bandito da alcuni mezzi pubblici. E molti alberghi del Sud-est asiatico non ne vogliono sapere. Su Youtube al momento spopola il video di un malcapitato gatto di Pechino che sviene annusandone un vassoio presentatogli da Niu Xiaoyao, la sadica proprietaria.

Da fresco non è facile da trasportare. La gran parte dei durian al momento arriva in Cina dalla Thailandia, perché l'altro grande produttore, la Malesia, è fuori gioco per bandi commerciali e sanitari. Ma la situazione potrebbe sbloccarsi già quest'anno, e in molti attendono l'arrivo del pregiato Musiang King malese. Nel frattempo è nato un «turismo del durian» e si organizzano viaggi enogastronomici che hanno lo scopo principale di assaporare la prelibatezza locale, un po' come farebbe un turista inglese che va ad Alba per gustare tartufi. E sarebbe proprio l'avanzata del turismo e dei viaggi nel Paesi vicini ad avere portato i cinesi a conoscere ed apprezzare questo frutto, e a volerlo mangiare anche a casa. Le varietà malesi, più pregate e dal sapore intenso anche perché raccolte tanto mature da cadere spontaneamente dall'albero, possono costare anche tre volte più di quelle thailandesi.

Molti turisti poi esagerano (pare il gusto intenso dia assuefazione), ne comprano in quantità, con il risultato di alzare i prezzi, che in poco tempo sono raddoppiati. Fiutando il business, molti contadini stanno convertendo le loro coltivazioni di olio da palma a durian, in vista dell'immenso mercato cinese che starebbe per aprirsi. Mentre l'olio di palma è in forte calo sui mercati non solo dell'industria alimentare, a seguito delle note accuse di favorire il cancro, ma anche dei biocarburanti (il bando Ue è previsto per il 2030).

Insomma il borsino degli alimenti va su e giù.

E la Cina, con il suo immenso mercato e una società in movimento, si trova sempre più spesso a essere l'ago della bilancia.

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