Roma

Tutti a rimirare le stelle per scienza o per amore

L’osservazione degli astri è antica quanto l’uomo, ma l’astronomia scientifica si fa risalire al Seicento, quando ancora l’approccio «magico» al mondo costituiva uno dei più solidi modelli culturali.
La grandezza degli scienziati dell'epoca fu proprio quella di essere riusciti, anche se con fatica, a liberarsi da una visione fantasiosa della realtà per acquisire quel modo di procedere nella ricerca scientifica che Galileo Galilei (1564-1642) per primo aveva introdotto nella fisica: il metodo sperimentale.
Fino ad allora la separazione tra astrologia e astronomia non era così netta, anzi possiamo senz’altro dire che la seconda non era altro che un processo di razionalizzazione della prima. Basti pensare che Keplero (1571-1630), uno dei massimi fondatori dell’astronomia, si guadagnava il pane facendo anche gli oroscopi.
Fu solo grazie al cannocchiale usato da Galileo, ma inventato dagli olandesi per scopi bellici, che si riuscì finalmente a compiere osservazioni dettagliate sui pianeti, inaugurando il lungo cammino della storia della conquista «scientifica» dello spazio.
La mostra «Astrum 2009. Astronomia e strumenti: il patrimonio storico italiano 400 anni dopo Galileo», che si tiene nei Musei Vaticani fino al prossimo 16 gennaio, in occasione dell'Anno internazionale dell’astronomia, appare particolarmente significativa perché tra i Paesi europei è proprio l’Italia a possedere gli strumenti più interessanti, grazie al fatto che nel passato la divisione della nostra penisola in tanti piccoli stati ha favorito la creazione di tanti osservatori astronomici.
Tra questi in particolare la Specola Vaticana costituisce una delle stazioni di osservazione più antiche, legata alla riforma del Calendario sotto il pontificato di Gregorio XIII (1572-1585).
Nella mostra sono presentati circa 130 oggetti (molti esposti per la prima volta) tra strumenti, mappe, modelli dei sistemi tolemaico e copernicano, manoscritti, quadri, codici, libri, fotografie. Cronologicamente si va dagli astrolabi al più sofisticato misuratore astronomico della fine dell’Ottocento, ma è una statua romana di Urania ad accogliere i visitatori.
Il percorso è articolato in sette sezioni, a partire dagli strumenti dell’astronomia prima del telescopio, ai telescopi di Galileo, all’ottica italiana del Seicento, ai primi osservatori istituzionali italiani, all’astronomia e cartografia celeste, alla nascita dell’astrofica, per finire con «Non solo astronomia», ovvero quegli strumenti tipici di ogni osservatorio astronomico che hanno a che fare con la sismologia, la meteorologia, la misurazione del tempo ecc.


Vere opere d’arte sono sette piccole tele del 1711 di Donato Creti (allievo di Guido Reni), raffiguranti «Osservazioni Astronomiche», che per il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci costituiscono «il cuore poetico della mostra», poiché esprimono quella sete di conoscenza che da sempre accompagna l’uomo riguardo ai misteri del cielo.

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