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Uccise cinque pazienti, infermiera potrà avere i permessi dal carcere

Sonya Caleffi, arrestata nel 2004 dalla Procura di Lecco e condannata a vent'anni di reclusione, dal prossimo anno, avendo scontato metà della pena, potrà uscire un giorno al mese. Il legale di una delle vittime: «Purtroppo non fa piacere, ma è la legge»

Sonya Caleffi, l'ex infermiera dell'ospedale Manzoni di Lecco condannata a vent'anni di carcere con l'accusa di avere ucciso cinque pazienti dell'ospedale - altri due furono salvati in extremis - iniettando ossigeno nelle loro vene, potrebbe usufruire dei primi permessi premio a partire dal prossimo mese di febbraio. Le sarà consentito di uscire per qualche ora - per cominciare - probabilmente mezza giornata da trascorrere assieme ai genitori. Questo tipo di benefici scatta, per legge, quando si è scontata metà della pena e Sonya, che pure fu arrestata solo cinque anni fa, la metà della pena l'ha quasi superata. Fu arrestata nel dicembre del 2004. Gliene vanno aggiunti altri tre, che vengono scontati in virtù dell'indulto, poi un anno e tre mesi spettanti per la cosiddetta liberazione anticipata. La somma dice che la Caleffi ha già scontato nove anni e tre mesi dei 20 di condanna e che è pertanto quasi a metà strada. In carcere avrebbe una condotta irreprensibile. I vent'anni di condanna furono confermati in Cassazione. Alcuni dei parenti delle vittime si sono detti a dir poco perplessi da quanto dovrebbe presto accadere.
Ma l'avvocato Francesco Giordano, legale e parente di una delle famiglie delle vittime, non si dichiara sorpreso: «Purtroppo non fa piacere apprendere questa notizia - dice -. D'altra parte, questa è la legge. E va applicata a chiunque, anche al criminale più efferato. A dire il vero, era un'ipotesi che avevo già messo in conto nel momento in cui c'era stata la sentenza definitiva della Cassazione». Il difensore della donna, l'avvocato Claudio Rea, spiega che l'ex infermiera sta scontando la pena nel carcere di San Vittore a Milano, dove «ha una condotta irreprensibile», dove svolge un lavoro ed è seguita da uno staff di psicologi.

«Il suo è un cammino ancora lungo - dice il legale -, ma in carcere sta ritrovando un suo equilibrio e sta tentando di ricostruirsi una vita».

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