Europee 2009

Udc, il partito di Casini ha preso la sufficienza

I centristi toccano il 6,5 per cento e mandano cinque deputati in Europa ma il progetto del grande centro resta un miraggio

Udc, il partito di Casini ha preso la sufficienza

Roma - Sei, sei e qualcosa, forse chissà, magari, quasi sei e mezzo. «Teniamo botta», questo è il primo commento che esce dal quartier generale di via Due Macelli dopo la prima proiezione delle undici di sera, 5,3%, che sale al 6,3% un’ora e mezzo dopo. «Teniamo botta», cioè l’Udc non sfonda ma strappa la sufficienza. Supera agilmente il quorum, va in Europa, trattiene tutti gli elettori conquistati nel 2008 dopo lo strappo con Berlusconi, ne prende qualche altro. Il traguardo segreto, l’obiettivo-sette per cento, quello sembra sfumare. Ma Pier Ferdinando Casini è «soddisfatto». «La nostra sfida temeraria ha gambe per andare avanti, il bipartitismo non c’è più».

Dunque, «un risultato ottimo». E il riavvicinamento a Berlusconi? «Da lui nessun segnale - risponde Casini -. Siamo nello stesso gruppo del Ppe, e in Italia faremo un’opposizione serena e senza sconti. Occhio alla Lega, che si trova nella condizione ideale di essere potere e protesta, lotta e governo».

Luca Volontè spiega la «diversità» del suo partito nell’Italia di oggi. «La situazione era molto difficile. Abbiamo condotto una campagna elettorale originale cercando di parlare di cose concrete e di non farsi trascinare nelle polemiche». Una scelta «da moderati» che l’Udc rifarebbe. «Non mi sembra che la maggioranza tenga - dice il segretario Lorenzo Cesa -, mentre noi siamo orgogliosi di aver fatto una battaglia da soli al centro che ci è costata qualche consenso e qualche poltrona provinciale ma che vede un nostro consolidamento». Lo preoccupa semmai la situazione generale, la prospettiva di un radicalizzarsi dello scontro: «È stato dato troppo alla Lega, mentre cresce nel centrosinistra chi ha una posizione dura contro Berlusconi». Ma Cesa non chiude al Cavaliere. «Il Pd avrà al collo il cappio di Di Pietro eppure esultano e non so perché. Il Pdl esce ridimensionato. Noi saremo in Parlamento per sostenere i provvedimenti seri».

Ha pagato, dice Volontè, la serietà. «Noi non abbiamo partecipato al rodeo del Noemi-gate né alle polemiche sul caso Mills e nemmeno agli spot della Lega sull’immigrazione. Abbiamo preferito restare sui temi che interessano la gente e in particolare sui problemi europei». E Savino Pezzotta trae dal voto tre conclusioni: «Primo, il bipartitismo è stato frenato, è il segnale che questo sistema va cambiato. Secondo, tra i moderati, noi siamo gli unici a crescere eppure l’astensione in certe regioni ci ha frenato. Terzo, siamo andati avanti nonostante una campagna difficile, che abbiamo combattuto con scarsi mezzi».

Dunque, lo champagne può uscire dal frigorifero. «Il risultato è un po’ falsato - sostiene il segretario amministrativo Francesco Saverio Romano - dalla bassa affluenza. La gente non va a votare quando trionfa il gossip e langue la politica. Gli elettori sono frustrati, hanno preferito andare al mare». Ma l’Udc regge e non sfonda. Romano allarga le braccia. «È davvero presto per dirlo con certezza, però non sarei così pessimista. In campagna elettorale abbiamo visto entusiasmo e interesse».

Pier Ferdinando Casini ha ascoltato da casa le prime proiezioni. Solo alle due si fa vedere e conferma la «lungimiranza» della scelta di andare da soli quasi ovunque.

«Abbiamo superato la quota del 2008, questo significa che avremo vinto la scommessa perché c’è un elettorato che rifiuta il bipartistismo».

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