Salute

Ultracentenari grazie a un microchip

E' l'ultima frontiera del Quo Vadis, il centro di ricerca avanzata sulla longevità nato in Veneto e voluto da Don Verzè. Sarà applicata agli anziani per segnalare alterazioni batteriche, virali o tumorali e fare diagnosi "precoci"

Ultracentenari grazie a un microchip

Insieme con i giapponesi, gli italiani sono il popolo con la longevità più significativa e la vita umana si sta allungando talmente da arrivare presto a coronare il sogno di vivere fino a 120 anni.
È iniziata l'era della quarta età. Oggi se un uomo muore a ottant'anni si dice che è «giovane per morire», intendendo che a quest'età la medicina moderna, nella maggioranza dei casi, e in assenza di malattie inguaribili, può provvedere con facilità a rimandare la morte di qualche decennio ancora. Il presidente dell'Istituto San Raffaele di Milano, Don Luigi Verzè, insieme con il neogovernatore del Veneto Luca Zaia, ha dato il via, la settimana scorsa, a un progetto ambizioso: la realizzazione di un Centro clinico di ricerca avanzata sulla longevità, chiamato «Quo Vadis», che avrà sede a Lavagno, in Veneto appunto, dove è stata già posta con una cerimonia pubblica la prima pietra.
Il nuovo Istituto sarà quindi specializzato per la ricerca e lo studio della quarta età e delle sue problematiche mediche e cliniche e quindi studierà e metterà a disposizione di tutti le nuove scoperte e le tecnologie più avanzate in questo campo, e avrà un osservatorio particolare, orientato verso tutti gli individui che hanno superato abbondantemente gli ottant'anni.
Durante la cerimonia di presentazione del futuro progetto è stato, inoltre, reso noto un importante e avveniristico passo avanti delle nanotecnologie, con un oggettino già progettato, programmato e pronto per la sperimentazione sull'uomo.
Le biotecnologie applicate alla medicina moderna hanno infatti prodotto una piccola meraviglia della scienza più avanzata, un microchip delle dimensioni di un'unghia, in grado di monitorare, di registrare e di comunicare ininterrottamente i più importanti parametri ematologici e metabolici di importanza vitale, e anche in grado di allarmare la presenza di anomalie, di alterazioni e di formazioni estranee all'organismo, siano esse virali o batteriche, fino ad arrivare alla segnalazione di anche una sola cellula cancerosa circolante.
Il microchip naturalmente, per tali funzioni, deve essere impiantato in contatto permanente con l'organismo monitorizzato, ovvero inserito sotto cute in un braccio o, indifferentemente, in un'altra sede del nostro corpo (proprio come viene fatto per i dispositivi identificativi degli animali).
Il progetto è ambizioso e già in fase avanzata e le prospettive, per la scienza medica, sono entusiasmanti e in gran fermento. Il maggior sponsor dell'iniziativa di Don Verzè è il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che certamente non farà mancare il suo appoggio e il suo sostegno, sicuramente anche economico.
Quello che però le istituzioni non devono perdere di vista sono le conseguenze sociali di un tale futuro scenario. Immaginate folle di centenari con il computer sempre acceso che li informa, che aggiorna l'elenco dei farmaci quotidiani, e ricorda loro quali compresse prendere, in quali ore e in quale quantità.
Immaginate gli ospedali pubblici intasati da pazienti «anziani» allarmati dal loro microchip e la carenza cronica di medici geriatrici che dovranno essere formati ed assunti in massa. Immaginate la sessualità solitaria e di coppia prolungata dagli ottanta anni attuali fino ai cento e passa, grazie all'elaborazione dei potenti farmaci già in uso corrente, oppure il proliferare di gravidanze di madri cinquantenni che partoriscono naturalmente nel mezzo del cammino della loro vita. Immaginate le pubblicità televisive e cartacee ossessivamente invitanti a consumare pacchi di pannoloni, assorbenti, di adesivi resistenti per dentiere e di shampoo sbiancante per togliere il riflesso giallo dai capelli «che fa vecchio». Immaginate il ministro dell'Economia di turno con le mani nei capelli, bianchi appunto, alle prese con la riforma urgente delle pensioni, senza la quale il Paese rischia la bancarotta.
E che dire del ricambio generazionale? I quarantenni saranno considerati ancora dei «ragazzi» al confronto dell'aspettativa di vita della quarta età, e i posti di lavoro si libereranno con sempre maggior lentezza, per non parlare delle abitazioni, sempre più occupate dalle varie mogli che ognuno dei centenari sposerà durante la lunga vita.
Per fortuna i lati positivi della questione sono di gran lunga più numerosi dei negativi e spiritosi fin qui elencati, ognuno di noi li conosce o li può immaginare con facilità, e comunque nessuno di voi, arrivato a ottant'anni, sarebbe felice di avere davanti una breve prospettiva di vita, allietata solo da malattie, da medici e medicine.


Comunque vi terremo informati e aggiornati sullo sviluppo futuro del progetto «Quo Vadis», sulle sue prime applicazioni e soprattutto sui primi reali risultati.
medico e deputato del Pdl

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