Economia

Unicredit spinge sullo «sconto» Fondazioni pronte all’aumento

Unicredit si prepara alla ricapitalizzazione da 4 miliardi di euro. Lunedì prossimo partiranno le contrattazioni sui diritti in opzione ai soci, che avranno 11 giorni di tempo per valutare l’operazione e fino al 29 gennaio per conferire l’adesione. Le banche coinvolte a titolo di garante nell’aumento di capitale (Crédit Suisse, Goldman Sachs, Mediobanca, Ubs, Bnp Paribas, Nomura e Société Generale) sono pronte a rilevare l’eventuale inoptato nel caso i grandi azionisti non siano soddisfatti delle condizioni poste, ossia del prezzo. Domattina alle 9 e 30 verrà deciso in una riunione del consiglio di amministrazione il valore a cui proporre le nuove azioni che, secondo quanto stimato dagli esperti, dovrebbero presentare uno sconto leggermente superiore a quanto inizialmente ipotizzato. La forchetta di riduzione di prezzo viene posta non più tra il 20-25%, ma tra il 25-30%, in linea con quanto avvenuto tra diversi concorrenti europei. Dallo scoppio della crisi di fine 2008 a oggi la media degli sconti applicati nella vendita di nuove azioni dalle banche europee si aggira intorno al 36%, ma per istituti di primaria importanza come Bnp Paribas e SocGen la riduzione s’è fermata al 27 per cento.
Oltre che in linea alle aspettative di mercato, un prezzo maggiormente «invitante» da parte di Unicredit avrebbe l’indubbio vantaggio di dissipare i dubbi di alcuni grandi azionisti, rimasti finora indecisi su che posizione assumere di fronte all’ennesimo impegno finanziario richiesto a fronte di una scarsa retribuzione in termini di dividendo. Le stime degli analisti indicano una cedola di circa 3 centesimi per l’esercizio 2009, ben lontano dai livelli di 0,24-0,26 euro cui il management aveva abituato i propri investitori.
L’impressione è che comunque, alla luce delle ultime ipotesi, il fronte dei grandi soci possa proseguire compatto aderendo ognuno per la propria parte. La Fondazione Cariverona, primo azionista nell’istituto guidato da Alessandro Profumo, contrariamente a quanto avvenuto lo scorso marzo quando non aveva aderito appieno alla ricapitalizzazione evitando di sottoscrivere le obbligazioni convertibili offerte, sembra abbia nelle ultime ore ammorbidito la propria posizione appoggiando ancor prima del proprio consiglio del 15 gennaio le proposte della banca. Lo stesso dovrebbe avvenire dalla Fondazione Crt che non appare più solamente orientata a un’adesione ridotta, ma completa e proporzionale alla propria quota. E anche il fondo sovrano libico, entrato lo scorso anno nel capitale (4,6%) con un investimento di oltre 2 miliardi e mezzo di euro sembra propenso a sposare il nuovo investimento.
Con questa operazione annunciata lo scorso 29 settembre, Unicredit punta a rafforzare il proprio indice di solidità patrimoniale di 80 punti base, portandolo dal 7,6 all’8,4%, in linea con quanto richiesto dalle nuove norme di Basilea. A livello strategico in un anno considerato ancora difficile dagli analisti viste le pressioni sul margine di interesse e la debole ripresa, le attese degli investitori sono riposte nel nuovo piano di riorganizzazione che porterà al modello di banca unica.

Il progetto è volto ad avvicinare maggiormente l’istituto al territorio e alla clientela, fondendo in Italia le 5 controllate in una sola holding.

Commenti