Economia

Usa, pil meglio delle stime: recessione in frenata In Italia inflazione azzerata: è record da 50 anni

Nel secondo trimestre 2009 il pil Usa registra una contrazione dell’1%, dopo il -5,5% del primo trimestre. Sebbene il dato sia migliore rispetto alle previsioni di una flessione dell’1,5%, la contrazione segna comunque il record negativo dal 1947. In Italia inflazione azzerata

Usa, pil meglio delle stime: recessione in frenata 
In Italia inflazione azzerata: è record da 50 anni

Washington - Il prodotto interno lordo degli Stati Uniti nel secondo trimestre 2009 ha registrato una contrazione dell’1%, dopo il -5,5% del primo trimestre. Sebbene il dato sia migliore rispetto alle previsioni di una flessione dell’1,5%, il pil ha segnato una contrazione del 3,9% rispetto al secondo trimestre 2008: è la contrazione peggiore dal 1947. E' stato inoltre rivisto in peggio il dato del primo trimestre 2009 a -6,4% dal -5,5% della precedente rilevazione. "Nei primi sei mesi dell’amministrazione Obama l’economia è andata meglio del previsto", ha commentato il presidente Usa, Barack Obama.

Disoccupazione da record Gli Stati Uniti hanno sperimentato la maggiore crisi finanziaria dalla Grande Depressione: nel 2009 il pil si contrarrà del 2,6%, mentre nel 2010 metterà a segno un +0,8%, a fronte di una disoccupazione che quest’anno si attesterà al 9,3% e il prossimo al 10,1%. È quanto prevede il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nell’Article IV per gli Usa, nel quale prevede per quest’anno un tasso di inflazione negativo quest’anno (-0,3%). Nel 2010 i prezzi al consumo dovrebbero salire dell’1,4%. "Il massiccio stimolo macroeconomico e gli interventi sul mercato hanno iniziato a stabilizzare i mercati e l’economia. Ma l’attività economica resta debole, mentre permane ancora dello stress sui mercati. Guardando avanti - afferma il Fondo - le costrizioni finanziarie peseranno sugli investimenti e sui consumi. Inoltre le prospettive di crescita per i paesi partner restano deboli, e questo potrebbe pesare sulle esportazioni".

Fmi e le sfide da affrontare "Nel medio-lungo termine le sfide da affrontare saranno numerose. E includono, nel medio termine, la formulazione di exit strategy per gli interventi messi in atto per stabilizzare il sistema finanziario e l’economia. Nel lungo termine, invece, le sfide riguardano l’affrontare le debolezze della regolamentazione finanziaria e della supervisione, la stabilizzazione dei conti pubblici", constata il Fondo, precisando che "nel caso si materializzassero rischi al ribasso, un ulteriore allentamento del credito e un maggiore impegno a mantenere accomodante la politica monetaria dovrebbero essere considerate". "È essenziale sviluppare ampie exit strategy da attuare una volta che una ripresa sostenuta sia in atto", aggiunge il Fondo, secondo il quale "gli ispettori sono d’accordo sul fatto che la Fed avrebbe bisogno di un set di strumenti diverso per rispondere all’incerta evoluzione delle condizioni di mercato». Per il Fondo «una comunicazione chiara sulle exit strategy rafforzerebbe la fiducia sui mercati e faciliterebbe un’uscita soft". "Con il debito pubblico in aumento sostanziale nei prossimi anni, è necessario un piano ambizioso di consolidamento fiscale nel medio-termine: visto che la crisi ha esacerbato gli esistenti squilibri, un consolidamento potrebbe richiedere significativi aggiustamenti. Dato il basso livello di spese discrezionali, gli aggiustamenti saranno probabilmente concentrati sul lato delle entrate".

Cresce il costo del lavoro Nel secondo trimestre il costo del lavoro americano è cresciuto a passo lento, dal momento che il rallentamento del mercato del lavoro rende più difficile per i lavoratori chiedere salari e benefit più elevati. Secondo il rapporto, pubblicato dal dipartimento del Lavoro, l’inflazione rimane sotto controllo, fatto che consente alla Federal Reserve di proseguire con l’aggressiva strategia messa in atto a sostegno dell’economia, tenendo i tassi sui fed funds vicini allo zero (attualmente si trovano a un range compreso tra lo 0 e lo 0,25%). Nello specifico, l’indice del costo del lavoro è cresciuto tra aprile e giugno dello 0,4%, leggermente più delle previsioni degli analisti, che attendevano un aumento dello 0,3%. Su base annuale, l’indice è salito dell’1,8%, al passo più lento di sempre. Scomponendo il dato, i salari, che rappresentano il 70% dei compensi, sono crsciuti dello 0,4 per cento nello scorso trimestre, mentre i benfit, che compongono il restante 30 per cento, sono aumentati dello 0,3%. Il costo del lavoro nel comparto manifatturiero è salito dello 0,2%, così come quello del settore privato e dei servizi.

L’indice risente dell’andamento del mercato del lavoro che, come messo in evidenza anche dal Beige Book (il rapporto sullo stato di salute dell’economia che la Federal Reserve pubblica ogni sei settimane), "rimane estremamente debole" in molte aree del Paese, con licenziamenti a catena e salari congelati.

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