Roma

Utensili, a ciascuno il suo

Scaramanzia, affetto o semplice praticità. Ogni chef, in cucina, ha un utensile di cui non vorrebbe e non potrebbe fare a meno. Che sia la pentola preferita o un coltello portafortuna, nessuno sembra immune al fascino degli attrezzi, veri e propri compagni «d’arte». Alcuni chef capitolini ci rivelano come a farla da padroni nella cucina più in, spesso, siano strumenti antichi, ricchi di storia - e storie - da raccontare. È affettiva la scelta di Giulio Terrinoni, chef di Acquolina (via Serra 60; 063337192), che indica, come irrinunciabile, la macchina per stendere la pasta: «Mia nonna, mia madre, mia sorella: ho sempre visto le donne di famiglia con le mani in pasta. Io stesso, da bambino, giocavo con la classica montagnola di farina con l’uovo dentro e ancora oggi fare la pasta mi rilassa». La macchina entra in gioco per stendere la sfoglia, sostituendo il più faticoso mattarello, ma va usata con qualche accortezza. «Bisogna diminuire lo spessore gradualmente, passando più volte la pasta attraverso i rulli. Più è sottile, più buona. Nell’impasto, occorre bilanciare farina e rossi d’uovo. Una volta, la proporzione era un chilo di farina per otto uova, oggi si arriva fino a 28 rossi e due interi. Più rossi ci sono, più la pasta è elastica». Tra le ricette consigliate, una pappardella ripiena, appena introdotta nella carta del ristorante. «Si stendono due strisce di pasta e si sovrappongono come fosse un raviolo, facendo aderire i bordi. La farcitura è con carciofi alla romana e la salsa è di seppie». Lo chinoise in alluminio è lo strumento principe di Gianfranco Pascucci, signore di Pascucci al Porticciolo (via Fiumara 2, Isola Sacra, Fiumicino; 0665029204): «Dura molto, è inevitabile affezionarsi e in cucina ognuno ha il suo. È nello chinoise che nascono le salse e il piatto prende forma. Si inserisce la materia frullata che ne esce omogenea. Per me rappresenta il passaggio dalla lavorazione alla creazione». Una ricetta da fare in casa? «Mettere in un padellino le teste di pesce con olio, aglio, rosmarino e dei pomodorini infornati, far rosolare tutto con un poco di vino bianco e brodo vegetale, poi passare. È un’ottima salsa anti-sprechi». Al secondo pensa Paolo Cacciani, anima di Cacciani (via Diaz 13, Frascati; 069401991): le sue preferite sono le padelle in ferro della sua cucina. «Ormai non si trovano più - racconta - ed è un peccato perché garantiscono una fortissima conduzione del calore e sono perfette per alcune preparazioni o per rosolare la carne». Il piatto da provare è il pollo alla diavola. «In casa è difficile usare un pollo intero - dice Cacciani - meglio farlo in pezzi, schiacciandolo un pochino e immergendolo in abbondante olio, quasi come fosse una frittura. Anche in padella va tenuto schiacciato. Basta coprirlo con un coperchio piatto su cui va poggiata una pentola piena di acqua, in questo modo il peso è distribuito in modo uniforme. Poi si aggiungono limone, pepe e si porta in tavola. È squisito». È mini e introvabile pure l’utensile preferito di Riccardo Di Giacinto, re del ristorante All’Oro (via Duse 1; 0697996907). «Non rinuncerei mai a una spatola piccolissima, grande come un dito, che ho comprato in Spagna, quando ero al Bulli - confessa - La metto in tasca tutte le sere, è una sorta di ricordo portafortuna. Ho lavorato con grandi brigate, ma una spatolina così minuta l’ho sempre avuta solo io. Non serve per fare le ricette ma per non toccare con le mani i cibi quando si cucina». Un esempio? «La sto usando proprio ora per un nuovo piatto: crema di fagioli con capesante lardellate, midollo di bue arrosto e funghi saltati con timo». Si torna al classico con Enrico Pezzotti, chef di Sin dell’hotel Aleph (via di San Basilio 15; 06422091). «Il mio utensile preferito è un mortaio in marmo con pestello. Ha un valore affettivo ed è imprescindibile per molte ricette, come il pesto di mentuccia, pecorino e nocciole tostate. Si pestano mentuccia, nocciole e sale, aggiungendo gradualmente l’olio fino a rendere il composto cremoso. In ultimo si aggiunge il pecorino, rimestando con un cucchiaio».

A ognuno il suo.

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