Varie

Dal Vajont ai terremoti in prima linea nel soccorso

Matteo Sacchi

La sera del 9 ottobre 1963 una enorme frana si staccò dal monte Toc e cadde nel bacino idroelettrico artificiale da poco costruito sul corso del torrente Vajont (al confine tra Friuli e Veneto). La diga, avveniristica ma costruita nel posto sbagliato, resse all'improvviso aumento di pressione. Le acque contenute nell'invaso generarono una enorme onda. Tracimando dalle sponde del lago, questa devastò i paesi di Erto e Casso, superando la diga provocò l'inondazione e la distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui Longarone. Morirono 1917 persone. Nel disastro intervennero immediatamente gli uomini del Settimo alpini.

Un primo contingente, equipaggiato e schierato in tutta fretta, venne caricato sugli automezzi e diretto verso Longarone. La colonna dovette arrestarsi a Polpet, vicino Ponte nelle Alpi, la strada sulla destra orografica del Piave era impraticabile per gli automezzi. Gli alpini proseguirono a piedi, nel buio assoluto, mentre la gente del posto, terrorizzata, parlava di un'onda immensa che aveva distrutto tutto. Da Nord intervennero nel frattempo anche gli alpini della Cadore, il cui comando ed il primo coordinamento delle operazioni con i vigili del fuoco fu assunto dall'allora Colonnello Bruno Gallarotti, comandante del Sesto reggimento di artiglieria da montagna della brigata. Gli alpini, come mostra la foto, scavarono per giorni nel panorama lunare, usando il meno possibile i mezzi meccanici che rischiavano di straziare i corpi sepolti delle vittime, nel tentativo di salvare superstiti e di consentire il recupero delle vittime.

È solo uno dei casi, il terremoto del Friuli nel maggio del 1976 è un altro molto noto, in cui gli alpini sono stati in prima linea nel soccorso.

Commenti