Cronaca locale

Varese, undici arresti per racket 70 gli imprenditori vessati

Una vera e propria organizzazione aziendale: c'era chi "recuperava i crediti" a suon di botte e minacce e chi reinvestiva i soldi in operazioni finanziarie. L'associazione malavitosa è stata scoperta in seguito ad alcune rapine effettuate dai capi dell'organizzazione

Varese, undici arresti per racket 
70 gli imprenditori vessati

Varese - Oltre settanta imprenditori vittime di un’organizzazione dedita al racket e all’usura con un giro d’affari stimato in almeno mezzo milione di euro. Sono i numeri della vasta operazione condotta all’alba dai carabinieri del Comando provinciale di Varese anche nelle province di Milano, Cremona, Parma e Bolzano. Secondo le risultanze investigative, i vertici del sodalizio erano strettamente legati alla criminalità organizzata. Le accuse contestate sono di estorsione, usura, esercizio abusivo della professione bancaria. Le indagini, coordinate dal Sostituto Tiziano Masini della Procura di Varese della erano iniziate nel 2006 e si sono concluse con l’esecuzione di 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere.

La ricostruzione Tutto iniziò con una rapina a mano armata l’8 settembre di quell’anno ai danni di una tabaccheria di Azzate (Varese) si è poi scoperto che il basista, un uomo originario di Castellamare di Stabia faceva parte di una vera e propria holding specializzata non solo all’usura e al racket ma anche all’esercizio abusivo dell’intermediazione bancaria e altri reati, come numerose rapine nel Nord Italia. Dal novembre 2006 sono stati compiuti 21 arresti e sono emersi i collegamenti fra questi personaggi e il clan della famiglia D’Alessandro di Castellamare. Due i presunti capi individuati: uno trattava direttamente con le vittime di usura, l’altro investiva gli illeciti proventi in operazioni finanziarie. A dar loro una mano vi erano altre due persone nelle vesti di intermediari o con l’incarico di "recupero crediti" anche a suon di botte e minacce.

Gestione famigliare L’organizzazione non avrebbe mai smesso la sua attività neppure quando i due capi erano finiti in carcere per rapine e spaccio di droga.

A portarla avanti ci pensavano la moglie e il figlio di uno dei due: lei aveva assunto il ruolo di organizzatrice, il ragazzo di recuperare i crediti con le solite modalità.

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