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Vedova di un fumatore Usa vince causa milionaria con la Philip Morris

Respinto l'appello della multinazionale del tabacco dopo una causa decennale. La donna sosteneva che a chi fuma venisse fatto credere che non vi fosse rischio di dipendenza dalle sigarette e le è stata data ragione

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha messo fine a un braccio di ferro durato dieci anni tra la Philip Morris e la vedova di un fumatore, che accusava il colosso delle sigarette di non fornire informazioni sufficienti sui rischi da fumo. I giudici di Washington hanno respinto l'appello della multinazionale confermando una sentenza che condanna Philip Morris a pagare danni per 79,5 milioni di dollari (saliti a 145 con gli interessi).
La decisione della Corte è con ogni probabilità l'epilogo della vicenda che ha visto protagonista Mayola Williams, vedova di Jesse Williams, un custode di Portland (Oregon) che aveva cominciato a fumare negli anni Cinquanta, durante il servizio militare, ed è morto nel 1997 per un tumore al polmone. La donna poco tempo dopo avviò l'azione legale contro Philip Morris, sostenendo che la società andava ritenuta responsabile per aver lasciato credere ai fumatori che i propri prodotti non creano dipendenza.
Lo Stato dell'Oregon si è affiancato in questi anni alla vedova e riceverà il 60% del risarcimento - se la vicenda non avrà altri sviluppi giudiziari - destinandolo a un fondo per le vittime di crimini violenti. Un giudice aveva ritenuto Philip Morris colpevole e la Corte suprema dell'Oregon nel 2002 aveva respinto la richiesta di appello. La stessa decisione è arrivata adesso dai giudici di Washington, nei quali l'industria del tabacco confidava per una sentenza che mettesse un freno ai maxi-risarcimenti.

Ma la Corte Suprema si è invece limitata a non accogliere la richiesta d'appello, senza presentare motivazioni.

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