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Veltroni: "Il Pci? Non era un partito ideologico"

Il leader Pd si giustifica: volevo più giustizia sociale. Poi apre alle coppie di fatto e attacca la Lega. Lo scenario per il dopo voto: "Niente larghe intese, chi vince governa"

Veltroni: "Il Pci? Non era un partito ideologico"

Milano - Piove su Walter Veltroni, piazza Duomo e la chiusura milanese della campagna elettorale del Pd. Il candidato premier del centrosinistra tenta il tutto per tutto, dalla videochat sul sito del Corriere allo spot internet che gli ha regalato Zapatero («auguri, Walter») fino al comizio sotto la Madonnina. Difende il Pci («non era un partito ideologico») e il Quirinale («Ciampi e Napolitano sono riferimento per tutta la nazione e meritano il rispetto di tutti»), attacca Berlusconi senza mai nominarlo («cerca la rissa come i bulli a scuola») ma ammette di invidiargli qualcosa, anzi qualcuno in squadra, però di calcio: «È Pato». Tira in ballo Enzo Biagi «uomo forte e mite, discriminato per le sue idee». Sul palco accanto a lui il capolista al Senato, Umberto Veronesi («siamo di sinistra e saremo sempre di sinistra») e il numero uno alla Camera, Matteo Colaninno («siamo come la Ferrari all’ultimo Gran premio, abbiamo messo la freccia di sorpasso»).

La colonna sonora è di Roberto Vecchioni e Linus, si aggirano sul palco anche Gino e Michele, la donna simbolo del Pd milanese è Afef Tronchetti Provera che prende le distanze da Berlusconi «sotto scacco della Lega». Veltroni segue la linea e attacca il Carroccio e non solo per le «armature anacronistiche» che hanno fatto la scenografia di Pontida: «Se fossi un elettore leghista, e ho rispetto di loro, che ogni lunedì da vent’anni si sente dire che si fa la rivoluzione, comincerei ad avere qualche dubbio. Soprattutto se il martedì quando giri per Roma trovi le loro macchine blu davanti ai ristoranti...». Cerca di solleticare l’orgoglio meneghino: «Sarà per tutta l’Italia una grande festa vedere Milano come la città che ospiterà l’Expo, la dimostrazione di ciò che questo Paese potrebbe fare se non avesse dentro di sé quel germe della divisione che è riaffiorato neanche venti minuti dopo la vittoria».

L’aspirante premier mette un giù un vero e proprio programma elettorale dell’ultimo giorno. Dal palco di piazza Duomo («siamo in centomila») immagina di usare l’extragettito per offrire al Paese aumenti dei salari e delle pensioni. Promette «rapidamente» le unioni civili per coppie etero e gay (i Cus), esclude le larghe intese e qualsiasi condono. Annuncia le liberalizzazioni ma non si sbottona sulla lista degli eventuali ministri. D’Alema? Di Pietro? «Vedremo» se la cava evasivo e nomina solo Annamaria Artoni, industriale, «perché è super partes».

In uno slancio hollywoodiano ha scomodato anche George Clooney per convincere gli incerti a votarlo. Un caffè di mezzogiorno stile pubblicità con l’attore che ha scelto il lago di Como come sua casa adottiva, in compagnia della moglie Flavia. «Siamo amici da anni e quando ci vediamo non parliamo mai di cinema, ma di politica». E mentre la signora sorrideva al fan vip, Veltroni posava in cinematografiche strette di mano: «Mi fa piacere essere paragonato a Obama».

Rivendica la sua appartenenza al Pci, ma in pratica sostiene che non era un partito comunista: «Non era un partito ideologico, tanto è vero che erano iscritte personalità come Italo Calvino o Alberto Moravia, che non erano comunisti». E motiva la sua iscrizione alla Fgci con «l’ansia per la giustizia sociale». Ammette: «So che spesso è stato difficile far capire cosa intendessi dire quando dicevo che, pur iscritto alla Fgci, non ero comunista, cosa invece in quegli anni del tutto comprensibile».

Arriva l’elogio di Romano Prodi, il presidente del Consiglio che punta a sostituire a Palazzo Chigi: «Mi auguro che voglia rimanere presidente del Pd. È un uomo che ha grande senso dello Stato, che ha servito le istituzioni per quattro anni e ora ha deciso di non ricandidarsi. È un esempio unico di signorilità».

Esclude le larghe intese e anche la possibilità di trovare un accordo con il leader del Pdl: «Il Veltrusconi è una cosa che non esiste. Quella copertina di Newsweek con metà della mia faccia e metà di quella del mio avversario mi fa orrore. Sarebbe una cosa innaturale». D’altra parte Veltroni è sicuro che il pareggio sarà impossibile: «Anche di un solo voto ma qualcuno vincerà».

Lui dice di essere ottimista: «Un politico pessimista è come un commerciante che vuole vendere ghiaccioli in Alaska».

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