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«Vent’anni bastano» Agassi al passo d’addio

Flushing Meadows ultimo torneo per l’asso che ha vinto ovunque «Penso di aver dato qualcosa al tennis: adesso largo ai giovani»

Davide Tieghi

Ha deciso di chiudere e di salutare a modo suo i fans. Andre Agassi, 36 anni, al termine della sua partecipazione allo Us Open 2006 darà l'addio al tennis. Se ne va un campionissimo degli ultimi venti anni, l'unico giocatore capace di vincere, in epoca recente, le quattro prove del Grande Slam. Un personaggio che ha fatto tendenza per il suo abbigliamento. Un protagonista del jet set che, prima di innamorarsi di Steffi Graf, ha fatto vittime illustri come Barbra Streisand e Brooke Shields. Un fuoriclasse di cui sentiremo la mancanza. Goodbye, Andre.
Mr Agassi, il sipario si chiude...
«Penso che vent'anni di carriera, per un tennista professionista, possano bastare. La mia è una decisione definitiva, maturata negli ultimi due anni. Non cambio idea».
Nelle ultime stagioni, aveva già ridotto le sue partecipazioni ai tornei del circuito...
«Ho centellinato i miei impegni a causa del persistere dei problemi all'anca e alla schiena e per dare più spazio alla mia famiglia. Ho due figli e penso di aver dato qualcosa al tennis. Largo ai giovani, io vado in vacanza».
Prima, però, l’addio a Flushing Meadows...
«Mi sembrava il luogo e la sede ideale per congedarmi, per un americano l’Us Open rappresenta un appuntamento straordinario. Ho avuto la fortuna di vincerlo in due occasioni, ma, soprattutto, in condizioni diverse. Se il primo successo, nel ’94, è stato il frutto di un lavoro quasi impeccabile (tre set a zero sul tedesco Michael Stich, ndr), il secondo, nel ’99, rappresentava il duro sacrificio e la consapevolezza di trovarmi di fronte un avversario leale come Todd Martin, che mi conosceva e che per ben cinque set mi ha tenuto sulle spine. Ho anche perso tre volte contro Sampras, ma non ho mai avuto troppe chance con lui».
Una concorrenza leale, la vostra.
«Il tennis ha bisogno di grandi interpreti per tutte le stagioni, da Borg a McEnroe fino ad arrivare a Federer e Nadal, il pubblico ha bisogno di schierarsi da una o dall'altra parte. Con Sampras ho giocato molto (34 incontri, 14 vittorie e 20 sconfitte, ndr) e l’ho sempre trovato un avversario difficile da affrontare».
Lei è stato n. 1 della classifica mondiale nel '95 e nel '99: invecchiando si migliora?
«Sono convinto che non sia l'età a migliorare il gioco di un tennista, ma lo stato fisico e la programmazione. Nella mia carriera penso di aver puntato molto su una determinata serie di tornei, per non giocare mai troppo e poi pagare dazio negli appuntamenti clou della stagione».
Nel '97, però, piombò al n. 141...
«Mi ero appena separato, era difficile scindere il tennis dalla vita privata e i numeri lo spiegano chiaramente. Dovevo ritrovare me stesso, prima come uomo e poi come giocatore. Quell'anno non disputai una finale, cosa che non mi succedeva dal 1986, quando iniziai a giocare. Poi ritrovai fiducia e nel '99 vinsi Roland Garros e Us Open».
Lei ha saputo imporsi su tutte le superfici...
«Allora qualcosa di buono l’ho fatto... Se penso che a Lendl manca Wimbledon, a Sampras, McEnroe e Federer il Roland Garros e a Borg l’Us Open...».
La sconfitta più cocente?
«Le due al Roland Garros, la prima contro Gomez nel '90 e la seconda contro Courier, l'anno successivo».
La vittoria più emozionante?
«Wimbledon, quattordici anni fa. Fui molto criticato per il mio abbigliamento poco british, tant'è che dovetti chiedere al mio sponsor di uniformarsi alle regole dell'All England and Croquet Club. Passai dal jeans e la maglietta fluorescente al completo bianco».
Il tennis americano è in crisi, sembra mancare il campione-simbolo...
«Sfido qualsiasi Paese ad avere fra i top ten due giocatori come James Blake ed Andy Roddick. Se poi parliamo di fenomeni, quelli nascono ogni tanto».
Proprio Blake ha detto: «Ci sono sport molto popolari che offrono più soldi del tennis, sono semplici da imparare e per vincere non occorre misurarsi contro tutto il mondo»...


«Ok, ma chi inizia a far sport lo fa per i soldi o per la passione e l'amore per una determinata disciplina?».

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