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La verità di Lavitola "Non sono l'uomo nero Pronto a chiarire tutto"

L'editore e direttore de "L’Avanti!" dice la sua sui 500mila euro destinati da Berlusconi a una futura attività lavorativa di Tarantini e alla moglie, secondo la procura di Napoli frutto di ricatto. Sul rientro in Italia: "Sto valutando col mio avvocato" 

La verità di Lavitola 
"Non sono l'uomo nero 
Pronto a chiarire tutto"

Roma - In una lunga nota inviata alla stampa, Valter Lavitola, editore e direttore de "L’Avanti!", dice la sua verità sui 500mila euro destinati da Berlusconi a una futura attività lavorativa di Giampaolo Tarantini o della moglie Angela Devenuto, frutto di ricatto per la procura di Napoli e sui quali Lavitola avrebbe raggirato Tarantini, trattenendone una cospicua parte per sé.

"Finora sono stato in silenzio, ma sono stanco di passare per l’Uomo Nero", l'unico artefice di una situazione venutasi a creare solo a causa delle serie difficoltà del Tarantini ed in cui io, per evidenti motivi di opportunità, mi sono limitato a fare da tramite con il presidente che, come è noto, è sempre spinto da un forte sentimento di solidarietà con le persone che si trovano in disagio e, in particolare, con le persone che lui ritiene abbiamo avuto dei seri problemi solo per averlo frequentato o essergli state vicine".

Lavitola informa quindi di avere in preparazione "un memoriale che consegnerò all’autorità giudiziaria tra qualche giorno, dopodiché rilascerò una intervista alla stampa nella certezza di chiarire tutto, carte alla mano. Ovviamente - aggiunge - l’opzione più auspicabile sarebbe il mio rientro in Italia per chiarire al meglio l’intera vicenda. Con il mio avvocato stiamo studiando gli atti e seguiamo le concitate indagini in corso e, non appena avremo un quadro generale esaustivo, valuteremo la opportunità del rientro per sottopormi ad un ampio interrogatorio".  

"La vicenda Tarantini - sottolinea Lavitola - non ha mai monopolizzato i rapporti tra me e il Presidente, trattandosi di un argomento residuale e per nulla allarmante. È bene che si sappia che il Presidente mi onora della sua amicizia e mi riceve da vari anni, prima che conoscesse Tarantini". "Quando ho conosciuto Tarantini - prosegue - era assistito dall’avvocato D’Ascola, con il quale non andava d’accordo e la prima richiesta che mi avanzò fu quella di aiutarlo a sostituire il legale. In seguito mi ha poi chiesto di fare un piano per sistemare la sua situazione debitoria".

"Successivamente - prosegue Lavitola - mi ha chiesto di consegnare delle sue lettere al presidente in quanto, a mio avviso giustamente, il presidente non riteneva di incontrarlo: non perchè non tenesse a lui, ma perchè temeva strumentalizzazioni e ripercussioni mediatiche qualora fosse emersa la continuità della frequentazione con il Tarantini (come si è visto aveva ragione: nessuno crede che lo aiutasse per generosità)". "Come si evince dalle intercettazioni - dice ancora Lavitola - Nicla e Giampaolo mi incalzavano affinché convincessi il Premier a riceverli; non potevano certo chiamarlo loro, per i motivi di opportunità prima citati.

Ma avevano necessità di incontrarlo perché per loro era un balsamo psicologico". 

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