Roma

Le vicissitudini di Gasbarra l'antirutelliano

Il futuro politico di Enrico Gasbarra potrebbe non essere più roseo. Anzi, c’è chi pensa che d’ora in poi la sua strada si farà sempre più in salita, al punto da rendere difficile, se non impossibile, la realizzazione delle sue ambizioni. Le voci raccolte in ambienti molto affidabili della Margherita raccontano che il presidente della Provincia sia molto in difficoltà dopo le sue ultime sortite. I fatti sono semplici. Fino a qualche mese fa Gasbarra, provenienza Dc, corrente sbardelliana, militava, com’era logico che fosse, nella componente «popolare» della Margherita, per intenderci quella che fa capo a Franco Marini. Da qualche tempo a questa parte, però, la sua fede politica è diventata molto ulivista, quindi molto prodiana, così come quella dei suoi uomini più fedeli: Franco Cioffarelli, assessore al Commercio in Campidoglio (che ora rischia di perdere il collegio alla Camera a cui aspirava) Luca Giansanti capogruppo in aula Giulio Cesare, e Franco Dalia, Consigliere regionale, tutti impegnati a lavorare per la lista unitaria sognata da Prodi. Fin qui nulla di strano: a tutti è concesso cambiare idea. Il problema è che Gasbarra e i suoi non si sono limitati a questo ma avrebbero dichiarato guerra a Marini e al suo nuovo alleato di ferro, cioè Francesco Rutelli. Da quello che si racconta nei soliti ambienti del partito, Gasbarra sarebbe uscito molto ridimensionato proprio dalla sconfitta subita da Prodi, costretto a fare marcia indietro sull’idea della lista unitaria a causa della presa di posizione di Rutelli e degli ex popolari. Ma cosa ha spinto il presidente della Provincia, pupillo di Rutelli (lo ha voluto con sé nella Giunta quando era sindaco di Roma) e di Marini (lo ha voluto come vicesindaco) a compiere scelte così azzardate e da molti giudicate incoerenti? A quanto pare a scompaginare i suoi piani è stata l’inattesa vittoria di Piero Marrazzo. Gasbarra, infatti, si sentirebbe ormai stretto nella morsa tra Veltroni e il neopresidente della Regione, e così, per uscire dall’impasse, avrebbe deciso non solo di allearsi con i prodiani Willer Bordon e Arturo Parisi, ma addirittura di lavorare con questi alla scissione della Margherita per poi confluire in un nuovo soggetto politico di cui sarebbe diventato subito, dicono i ben informati, il numero due, carica che gli sarebbe stata offerta. Gasbarra, infatti, sembra aver fatto questo ragionamento: visto che fra i prodiani non vi sono aspiranti leader, nessuno avrebbe potuto sbarrargli la strada per imporsi sulla scena nazionale. Gasbarra era così determinato che in alcune riunioni con Bordon e Parisi, tenutesi in una sede che ospiterebbe un’associazione vicina all’onorevole Antonio Maccanico, avrebbe attaccato pesantemente Marini e il suo braccio destro, Beppe Fioroni. Ma, com’è noto, non sempre le ciambelle riescono col buco, e la rinuncia di Prodi a formare una nuova formazione politica ha spiazzato tanti, Gasbarra in particolare.

Se a ciò si aggiunge che nel Consiglio provinciale la Margherita è composta quasi esclusivamente da mariniani e rutelliani, e che la base del partito, in grande maggioranza formata da ex popolari, non ha compreso la guerra dichiarata da Gasbarra ai suoi vecchi alleati democristiani, appare chiaro che le quotazioni politiche del presidente della Provincia non sono mai state così basse.

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