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È violento e pericoloso ma nessuno lo ricovera Torna e uccide la madre

Catanzaro, l’ha strangolata la notte di Capodanno. Due giorni prima la sorella aveva inutilmente bussato alla porta di due strutture per malati psichici chiedendo che l’uomo venisse curato

Antonello Lupis

da Catanzaro

Dopo averla attirata nella cantina con un tranello, ha strangolato la madre la sera di Capodanno, stringendole il collo con entrambe le mani. Poi, pensando di riuscire a sviare le indagini, ha chiamato al telefono i carabinieri riferendo agli stessi militari di aver trovato, rincasando, l'anziana madre morta nello scantinato. Alla fine, però, dopo un lunghissimo interrogatorio a finire in manette, con l'accusa di omicidio, è stato proprio lui, il figlio.
Teatro del giallo durato meno di 48 ore una modesta abitazione situata nel centro storico di Davoli Superiore, centro collinare di circa tremila anime del Catanzarese. È qui, appunto, che l'anziana pensionata, Agata Carioti, 78 anni viveva insieme al marito, Bruno Pittelli, coetaneo, da tempo inchiodato su una sedia a rotelle, e al figlio Giuseppe, idraulico di 41 anni.
Subito dopo il primo sopralluogo dei carabinieri della compagnia di Soverato diretta dal capitano Francesco Tocci, i sospetti si sono concentrati sul figlio della pensionata che ancora viveva coi genitori. Un uomo con evidenti problemi psichici, tanto che il fratello e la sorella consapevoli della pericolosità del loro congiunto, il 29 dicembre scorso lo avevano accompagnato in due strutture per malati di mente, i cui responsabili ne avevano però rifiutato il ricovero.
Il sospettato è stato ascoltato ieri mattina per oltre cinque ore dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro, Salvatore Curcio. Durante il lunghissimo interrogatorio Giuseppe Pittelli sarebbe, comunque, caduto più volte in contraddizione. Alla fine dell'interrogatorio e alla luce delle indagini compiute nel frattempo dai carabinieri della compagnia di Soverato e dai militari del reparto operativo del Comando provinciale di Catanzaro, è stato lo stesso magistrato catanzarese, Curcio, a disporre, con l'accusa di omicidio, il fermo dell’uomo.
Quando è accaduto a Davoli ricalca il copione di tanti fatti analoghi: una famiglia di non elevate condizioni economiche, la difficile convivenza con un malato di mente incolpevole. Con l'aggiunta, stavolta, dell'insensibilità, o quanto meno dell'inadeguatezza, delle strutture che dovrebbero farsi carico dell'assistenza dei malati psichici. Appena due giorni prima del delitto, infatti, la sorella di Giuseppe Pittelli aveva tentato, insieme al marito, di fare ricoverare il congiunto in due strutture assistenziali, una pubblica e l'altra convenzionata, ma in entrambi i casi, presumibilmente a causa del sovraffollamento delle stesse, il ricovero era stato rifiutato.
Tutti a Davoli erano a conoscenza del dramma che viveva la famiglia Pittelli. Il dramma che era costretta a vivere Agata Carioti era doppio, visto che doveva gestire l'invalidità del marito e la malattia del figlio.
La tragedia si è scatenata proprio dopo una visita che Agata Carioti aveva fatto alla figlia. Quando è rientrata la donna è stata affrontata a muso duro da Giuseppe che le ha rimproverato di avere abbandonato lui e il padre. Al culmine della discussione l’uomo ha aggredito la madre e l'ha strangolata. Giuseppe Pittelli, mentre il padre dalla camera da letto chiedeva disperatamente cosa fosse accaduto, ha portato il cadavere della donna in cantina e ha chiuso la porta a chiave. Poi ha dato l’allarme chiedendo aiuto ai vicini. «Qualcuno ha ucciso mia mamma», ha ripetuto.

Fingendo di essere sconvolto.

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