Controcultura

Virus è un bel talk. Per questo rischia di chiudere i battenti

Non voglio dire che gli convenga essere renziano a ogni costo, ma qualche bacetto al presidente del Consiglio lo deve mandare, sia pure per interposta persona

Virus è un bel talk. Per questo rischia di chiudere i battenti

In questa rubrica domenicale, che volge al termine, non mi sono mai occupato di Virus ovvero il Contagio delle idee, che sembra una doppia minaccia, evocando malattie perniciose. Lo faccio oggi in chiusura, come usa nei negozi che dichiarano di svendere i loro prodotti per fine esercizio. Il conduttore del programma, da qualche anno nel palinsesto di Raidue, è Nicola Porro (non ho ancora capito se pugliese, romano o milanese), apprezzato collega e perfino amico, una specie di compagno di banco in un Giornale, il nostro, che non ha più banchi ma soltanto computer, il che lo rende più simile a una succursale di Banca Intesa che non a un organo di informazione (per altro dal passato glorioso, dal presente dignitoso e dal futuro nelle mani di Dio onnipotente).

Veniamo al dunque. Non mi perdo mai una puntata di Virus e non so perché. Forse perché spero di assistere a un flop, ciò che mi consentirebbe di sfottere Nicola da qui all'eternità; o forse perché spero che si tratti di un trionfo e, da ultimo, perché mi interessano le bischerate attorno alle quali si sviluppa la trasmissione. Alla quale ho partecipato alcune volte con piacere alterno. Da un canto trovo stimolante il confronto delle opinioni, dall'altro confesso che le discussioni politiche mi hanno scassato l'anima. Gli ospiti non sono mai sorprendenti: le solite facce di palta, inclusa la mia, i soliti temi e i soliti contrasti. Eppure, quando seguo da casa il talk show in questione, sento forte il desiderio di intervenire per dire la mia, pur sapendo che è totalmente ininfluente.

Debbo ammettere che Porro è sagace e usa la telecamera con la stessa disinvoltura con cui io adopero l'accendino per avviare l'ennesima sigaretta. Segno che egli non è un abusivo della tv, ma un giornalista completo capace di maneggiare sia la penna sia il microfono. In altre parole, è bravo. Ed è proprio questo che mi preoccupa. Non vorrei che la sua conclamata abilità si trasformasse agli occhi dei dirigenti della Rai, notoriamente coperti da fette di salame, in un difetto tale da rendere Nicola indesiderato, cioè inadatto a guidare un programma dedicato all'attualità politica e affini.

Poni il caso che Porro non abbia dimostrato una netta attitudine a leccare il didietro ai politici più influenti in questo momento. Per lui sarebbe un guaio, dato che viale Mazzini è indipendente da tutto e da tutti tranne che dai padroni del vapore. I quali - di sinistra, di destra o di centro - sono accomunati dalla medesima indole: quella di promuovere chi li loda e li imbroda e di bocciare chi, invece, ne mette in luce le pecche. Nicola non ha ancora deciso da che parte stare, se coi progressisti o coi conservatori, e va avanti ubbidendo al proprio istinto di giornalista un po' narciso, fottendosene altamente di compiacere questo o quel leader o sottoleader di partito. Questo non gli giova, nel senso che non è utile a garantirgli lunga e felice vita nell'ex monopolio.

Non voglio dire che gli convenga essere renziano a ogni costo, ma qualche bacetto al presidente del Consiglio lo deve mandare, sia pure per interposta persona. Quanto all'opposizione, non gli consiglio di bistrattarla. La ignori. Attenzione, però, c'è opposizione e opposizione. Quella dei 5 stelle va blandita, non approvata ma almeno tenuta in considerazione. Per concludere, è opportuno che Nicola non si comporti come se fosse il primo della classe; se i capi si accorgessero che lo è davvero, lo butterebbero fuori a calci nel sedere.

Auguri, amico mio.

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