Cultura e Spettacoli

Da Zelig a Tolstoj, per Vanessa stavolta il salto è troppo lungo

L’idea che si potesse trarre qualcosa di utile da un racconto classico come La sonata a Kreutzer di Tolstoj non era peregrina, ma nelle mani di Cukor, di Minnelli se non paradossalmente in quelle dei nostri Matarazzo o Brignone. Purtroppo anni di minimalismo e di soap opere hanno modificato gli stili di scrittura in una sorta di imbarbarimento che rende impossibile l’attualizzazione di un melodramma ottocentesco. Un uomo racconta ad un vecchio compagno di viaggio le sue vicissitudini matrimoniali. Ricco, anzi ricchissimo, il giovane Andrea (Giorgio Pasotti) soggiace ad un irresistibile impulso amoroso alla vista di Antonia (Vanessa Incontrada), una bellissima pianista. La sposa, allontanandola dalla musica, rendendola madre tre volte. Esponente dell’alta finanza, Andrea è un marito affettuosamente inflessibile, particolare non trascurabile: è svizzero. Tra party in villa, regali costosi e incomprensioni sempre meno latenti il matrimonio declina verso una crisi inarrestabile, fino alla tragedia finale. Imbarazzante per l’ambientazione, il film frana per la manifesta inadeguatezza degli interpreti. Non si passa impunemente da Zelig a Tolstoj e la pur volonterosa Incontrada dimostra che non si può seguitare a far interpretare tutti i film alla Buy, alla Bobulova o alla Mezzogiorno. Un’autentica lobby che ha disintegrato le residue velleità di rendere internazionale il nostro cinema. Il povero Pasotti recita con una dizione appiccicosa, mantenendo una allucinata fissità, privando il personaggio di ogni umana vibrazione. Alcuni fantasmi del passato rendono l’operazione ancor più malinconica, come il viscontiano Stefano Patrizi e Maria Schneider, per chi la riconoscesse.



QUALE AMORE (Italia, 2006) di Maurizio Sciarra, con Giorgio Pasotti, Vanessa Incontrada. 95 minuti

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