Politica

Se inquina De Benedetti nessuno tocca l'azienda

A Vado Ligure i morti per tumore sono il doppio della media nazionale, come all'Ilva. Ma non è scattato alcun provvedimento sulle centrali a carbone di cui è socio l'Ingegnere

Leggi il testo della sentenza del Tribunale di Milano n 8289/2017 che ha giudicato diffamatorio il presente articolo

A Vado Ligure, alle porte di Savona, si registrano mille morti in più per cancro rispetto ai parametri scientifici presi a riferimento. Lo certificano gli esami epidemiologici compiuti dai consulenti della procura di Savona. Secondo un'altra fonte, l'Istituto tumori di Genova, nel decennio 1988-98 a Vado sono morte di cancro 112 persone su 100mila contro una media nazionale di 54, più del doppio. Nel confinante capoluogo si scende di poco: 97 su 100mila. I cittadini, gli ambientalisti, gli esperti, la magistratura, perfino la curia puntano il dito sulla centrale a carbone della Tirreno Power, che da quarant'anni brucia fino a 4.000 tonnellate di carbone al giorno.

La storia va avanti dal 1971, quando Enel inaugura la centrale che produce energia elettrica. Trent'anni dopo, nel novembre 2002, l'impianto passa a Tirreno Power, una cordata di imprenditori tra i quali primeggia Carlo De Benedetti, che però non ne ha il controllo. Viene avviato un piano di rinnovo, due gruppi termici su quattro vengono riconvertiti a gas ma sono quelli alimentati anche a olio combustibile; le unità a carbone (330 megawatt ciascuna) bruciano ancora. Ci vogliono gli ambientalisti di Greenpeace per attirare l'attenzione sulle due enormi ciminiere bianche e rosse che scaricano nell'aria enormi quantità di polveri sottili: è il luglio 2009.

Passano altri due anni e la procura di Savona apre un fascicolo per omicidio colposo, lesioni colpose e disastro ambientale. Il procuratore Francantonio Granero e i sostituti Chiara Maria Paolucci e Danilo Ceccarelli assegnano una consulenza a tre medici: un primario dell'Istituto dei tumori di Milano, uno dell'Istituto tumori di Genova e uno pneumologo dell'ospedale di Savona. La perizia è stata depositata a fine giugno e l'altro giorno sono filtrate indiscrezioni sui risultati. Il procuratore Granero ha confermato che ora si dedicherà a valutare le eventuali responsabilità della Tirreno Power.
È un copione già visto, per larghi tratti, a Taranto per l'Ilva. La politica tace, la magistratura agisce, pochi ne parlano finché non scattano provvedimenti clamorosi che in Liguria non sono stati adottati. Niente sequestri, niente arresti, niente confische. Mancano ancora conferme sui legami tra emissioni della centrale termica ed effetti sulla salute pubblica. I legali della Tirreno Power sostengono che la perizia «è una consulenza di parte», priva di contraddittorio, che non tiene conto di altri dati ambientali disponibili.

A differenza che a Taranto (e nelle altre acciaierie del gruppo Ilva), a Vado Ligure la battaglia legale è appena agli inizi. E a differenza che a Taranto, dove la famiglia Riva non godeva di grandi appoggi, in Liguria la Tirreno Power (che è il quarto produttore elettrico nazionale) sfrutta un ampio sostegno trasversale, un intreccio tra politica e imprenditoria che fa da scudo alla gigantesca centrale, una delle 13 ancora alimentate a carbone in Italia.
C'entrerà il fatto che la sinistra governa Vado Ligure ininterrottamente dal dopoguerra? Potrebbe essere: non sarebbero gli unici legami tra partito, amministrazioni pubbliche e attività imprenditoriali. Anche l'attuale primo cittadino, Attilio Caviglia, è un uomo di sinistra pur essendo stato eletto in una lista civica: era il vice del suo predecessore, Carlo Giacobbe (Pd). E nel voto è stata determinante la politica ambientale e il futuro della zona industriale e portuale.

C'entrerà anche la presenza nella compagine azionaria di Carlo de Benedetti? L'editore di Espresso e Repubblica controlla il 39 per cento della centrale attraverso Sorgenia (gruppo Cir). Tirreno Power appartiene a due società al 50 per cento: da un lato i francesi del gruppo Gdf Suez, dall'altro Energia Italiana Spa. Le cui quote sono così ripartite: 78 per cento a Sorgenia, 11 per cento ciascuna alle multiutility quotate Hera e Iren, ex aziende municipalizzate di città storicamente in mano alla sinistra come Torino, Genova, Bologna e l'intera dorsale emiliano-romagnola.

Anche Legambiente è socia di De Benedetti: ha il 10 per cento della società Sorgenia MenoWatt che si occupa di soluzioni per l'efficienza energetica.

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