Politica

Sanità in codice rosso: un medico su due è pronto ad andarsene

Tra «quota 100» e «Fornero» via in 52mila entro il 2025. Caos per pediatria e anestesia

Sanità in codice rosso: un medico su due è pronto ad andarsene

Questa storia che «tra pochi anni rimarremo senza medici», ricorda l'allarme sul buco dell'ozono e il riscaldamento globale: un po' di verità c'è, ma da qui al catastrofismo ce ne passa. Ciclicamente lo spauracchio «dottori in fuga» viene sbandierata dai sindacati di categoria per tirare un po' di acqua al proprio mulino. Ma ridurre il caso della progressiva riduzione dei camici bianchi a una mera questione di bottega non sarebbe giusto. Le proiezioni parlano chiaro: «Tra il 2019 e il 2022 andranno in pensione tra i 6 e i 7mila dottori ospedalieri ogni anno, entro il 2025 usciranno dal Servizio sanitario nazionale 52.000 medici (vale a dire il 50% degli specialisti)».

La sigla di categoria della dirigenza medica e sanitaria, Anaao Assomed, parla addirittura di «esodo»: «Ingressi insufficienti nel pubblico e disfunzioni nel settore privato provocheranno nel giro di sette anni una carenza di 16.500 specialisti», spiega lo studio condotto dal sindacato; prospettando un orizzonte nerissimo: «Una vera emergenza nazionale, a cui vanno posti correttivi rapidi per evitare il collasso del sistema stesso». Già, i «correttivi», ma finché al ministero della Sanità si alterneranno figure inadeguate e gran parte della classe medica rimarrà arroccata in difesa dei privilegi, c'è ben poco da sperare.

Ma cosa rende ora (rispetto al passato) l'sos dei medici più credibile? «La fuoriuscita legata al pensionamento di personale medico dalle strutture del Ssn - sottolinea Anaao Assomed - si prospetta in netto peggioramento nei prossimi anni per il superamento dello scalone previdenziale introdotto dalla riforma Fornero e rischia di subire un'ulteriore brusca accelerazione per la cosiddetta quota 100». I settori più colpiti? «Medicina d'emergenza (4.180 medici), pediatria (3.323), medicina interna (1.828) e anestesia (1.395)».

Idem per gli infermieri: con l'attuazione di quota 100, per il pensionamento 2019 si rischia di portare i buchi d'organico dagli attuali 53mila a oltre 90mila.

«A questo va aggiunto - spiega il sindacato - che si laureeranno circa 10 mila medici ogni anno, ma il numero di contratti di formazione post-laurea, che solo nel 2018 è arrivato a 7 mila, è da tempo insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati».

Il Contratto di governo include il «dossier specializzandi», ma il via libera alle nuove assunzioni che poteva essere incluso nel «Dl Semplificazioni» è saltato. Alla faccia della «semplificazione».

In mancanza di personale sono sempre di più i medici chiamati a gettone: si tratta o di neolaureati senza esperienza oppure medici di lungo corso richiamati in servizio anche se in pensione. Secondo i dati forniti dall'Enpam (l'ente della previdenza per i medici)sono almeno 35mila i precari retribuiti a chiamata: almeno 10mila di questi sono esterni alle strutture e pagati anche 90 euro all'ora, mentre gli altri sono già dipendenti degli ospedali e retribuiti (oltre lo stipendio) 60 euro all'ora per il «servizio extra».

«Servono risposte rapide - denuncia Il Sole 24 Ore -: Regioni come il Veneto denunciano solo per i medici un gap di 1.300 unità. L'assurdità dell'«imbuto formativo» è che i concorsi vanno deserti, tanto che si pensa anche a importare professionisti da altri Paesi europei. Una beffa, per una realtà come l'Italia, che per formare un medico spende 150-200mila euro».

È l'ennesimo paradosso del pianeta malasanità.

Dove entrare in ospedale, e uscirne vivi, non sempre è un percorso garantito.

Commenti