Cronaca internazionale

Cinque volte Putin

Lo Zar si insedia per il nuovo mandato: «Noi un grande popolo, vinceremo». Un caso i diplomatici Ue presenti

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Ancora lui, sempre lui. Solo lui. Vladimir Vladimirovich Putin, padrone più che padre della Federazione russa, ha giurato per il via al suo quinto mandato alla guida del Paese, il più lungo dai tempi di certo Stalin. Al potere dal 2000, quando subentrò al dimissionario Eltsin, con il solo interregno del quadriennio 2008-2012, quando fece il premier lasciando al Cremlino il fedelissimo Medvedev. Nel mezzo omicidi politici, arresti, oppositori silenziati, guerre e l’invasione dell’Ucraina che hanno consolidato il suo potere da despota, manifestato nella cerimonia sontuosa e infarcita di retorica di ieri, in cui Putin ha ribadito di essere l’uomo forte al comando ma soprattutto di essere l’uomo unico al comando. «La Russia non rifiuta il dialogo con i Paesi occidentali, la scelta spetta a loro», ha detto Putin, sottolineando che è «un periodo difficile quello che sta attraversando la Russia, ma insieme lo attraverseremo con dignità e diventeremo ancora più forti». Lo Zar ha assicurato che «supereremo tutti gli ostacoli e daremo vita a tutti i nostri progetti, guardiamo avanti con fiducia, pianifichiamo il nostro futuro, stiamo già realizzando nuovi progetti per renderci ancora più dinamici, ancora più potenti. Siamo un grande popolo, daremo vita a tutti i nostri piani. Insieme vinceremo!», ha concluso, senza fare riferimenti specifici né all’Ucraina né ai contrasti sempre più forti con l’Occidente.
Contrasti palesati anche visivamente con il parterre dei presenti alla cerimonia, in un susseguirsi di «nani e ballerine» tipico di un regime con tra gli altri i familiari, i suoi fedelissimi yes man, oligarchi, prestanome assortiti, finanziatori. E poi il patriarca Kirill, il leader ceceno Kadyrov, cantanti e l’attore americano Steven Seagal, putiniano di ferro ridotto ormai a caricatura di se stesso, oltre ad alcuni soldati reduci dall’Ucraina. Non c’erano rappresentanti degli Stati Uniti, che hanno bollato come farsa le ultime elezioni in Russia, e mancavano in gran parte quelli dell’Unione europea, ad eccezione degli ambasciatori di sei Paesi. Se Ungheria e Slovacchia su posizioni pro-Putin potevano essere preventivabili, fa rumore la partecipazione di Francia, Grecia, Malta e Cipro. In particolare il diplomatico di Parigi stride, e forse è interpretabile nell’ambito di una strategia più ampia, viste la parole durissime conro Mosca utilizzate dal presidente Emmanuel Macron in questi giorni. «Ho mandato un messaggio agli Stati membri, la cosa giusta da fare è di non partecipare alla cerimonia d’insediamento di Vladimir Putin», aveva ammonito l’alto rappresentante Ue Josep Borrell specifiche si sarebbe trattato comunque di una decisione dei singoli stati membri. «Pro pria iniziativa e loro competenza decidere se partecipare o meno a un evento del genere. Ma la grande maggioranza degli Stati membri si è tenuto alla larga, compreso l’ambasciatore dell’Ue», ha precisato polemicamente il portavoce Ue Peter Stano. Duro il Ppe che in una nota ha definito «deplorevole» la partecipazione dei sei ambasciatori. Assente il funzionario italiano con il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha ribadito come l’Italia non sia in guerra con la Russia e che «tutto il materiale militare che inviamo è destinato ad essere usato solo dentro il territorio dell’Ucraina».
Intanto, mentre il Cremlino annuncia che il primo viaggio all’estero di Putin sarà in Cina, il leder del Dragone Xi Jinping dopo aver incontrato Macron e von der Leyen a Parigi, è arrivato a Belgrado dove ha criticato fortemente l’attacco della Nato durante la guerra dei Balcani di 25 anni fa. Mentre un altro alleato della Russia, la Bielorussia di Lukashenko ha iniziato una serie di misure per la pianificazione e la pratica degli attacchi con armi nucleari tattiche e parteciperà alle esercitazioni al confine ucraino annunciate da Putin due giorni fa. Lo Zar nei mesi scorsi aveva anche annunciato che dispiegherà le sue armi nucleari tattiche in Bielorussia.

Ennesimo segnale di come il nuovo mandato di Putin scorrerà, come i precedenti, nel segno delle minacce all’Occidente sfruttando i pochi alleati rimasti.

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