Guerra in Israele

Gantz, ultimatum a Bibi: "Un piano o me ne vado"

Il ministro dà tre settimane al premier: "Ora un progetto d'azione globale". I sei obiettivi, dagli ostaggi a Hamas

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Benny Gantz dà l'ultimatum a Netanyahu. L'ex capo di Stato maggiore, ora parte del gabinetto di guerra, ha parlato ieri sera al Kfar Maccabiah Hotel a Ramat Gan e ha esposto le sue critiche alla strategia del conflitto: aspetterà fino all'8 giugno poi vorrà un programma di guerra più chiaro, altrimenti lascerà il governo. Il piano - ha aggiunto Gantz - «deve prevedere sei obiettivi» tra cui il ritorno dei sequestrati, la sconfitta di Hamas e il ritorno degli abitanti del Nord di Israele alle loro case. «Se si sceglie di condurre la nazione verso l'abisso, ci ritireremo dal governo», ha tuonato poi Gantz. Ha inoltre aggiunto che «Una piccola minoranza ha preso il controllo del ponte di comando della nave israeliana e la sta conducendo verso un muro di rocce». Anche sul fronte diplomatico le trattative sugli ostaggi non vanno bene. I negoziati tra Israele e Hamas «sono attualmente in un vicolo cieco». A riferirlo è una fonte straniera ad Haaretz. Mentre il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan ha precisato che gli Stati Uniti sono convinti che il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, si sia ritirato dai colloqui la settimana scorsa nella speranza di aumentare la pressione su Tel Aviv per porre fine alla guerra.

Ma il conflitto continua implacabile. Un terrorista è stato ucciso in raid israeliano a Jenin. Era il comandante del battaglione locale della Jihad Islamica, Islam Khamayseh, responsabile di una serie di attacchi nella zona. L'offensiva israeliana su Rafah, intanto, prosegue. E mentre l'Idf riportava in patria i corpi di tre ostaggi israeliani - Shani Louk, Amit Buskila e Itzhak Gelerenter - «brutalmente assassinati» durante la fuga dal festival musicale Nova il 7 ottobre, anche il cadavere di un altro sequestrato è stato recuperato. Si chiamava Ron Benjamin, 53 anni, rapito nel kibbutz Be'eri. L'esercito ha poi annunciato di essere impegnato «in feroci combattimenti» a Jabalia, nella zona settentrionale della Striscia di Gaza. Un'area ormai allo stremo, anche se ieri più di 300 tonnellate di aiuti umanitari sono stati scaricati sul molo temporaneo montato dagli Stati Uniti sulla costa. Mentre 800mila palestinesi «sono stati costretti a fuggire» da Rafah dall'inizio dell'operazione militare, ha sottolineato il capo dell'agenzia Onu per i rifugiati Philippe Lazzarini.

In questa atmosfera in continua mutazione, Sullivan era atteso ieri in Arabia Saudita per un colloquio con l'erede al trono, Mohammed bin Salman, mentre oggi sarà in Israele. Il consigliere della Casa Bianca incontrerà Netanyahu. Al centro del faccia a faccia la situazione umanitaria a Gaza e i negoziati. Ma arrivano anche le parole dure di Teheran.

«Gli Stati Uniti e i Paesi occidentali non esitano a violare il diritto internazionale», ha affermato il portavoce del governo iraniano, Ali Bahadori Jahromi, commentando la lettera in cui 12 senatori americani minacciano la Corte penale internazionale di severe sanzioni se emetterà mandati di arresto per funzionari israeliani coinvolti nella guerra. «Il comportamento arbitrario degli Stati occidentali ha rallentato il progresso del diritto internazionale», ha concluso poi il portavoce su X.

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