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"Attacco organizzato ai confini": in Europa scoppia la guerra dei migranti

Lungo il contine tra Polonia e Bielorussia sempre più gruppi di migranti premono per entrare: Varsavia ha stanziato 12.000 uomini a protezione della frontiera, ma potrebbe non bastare

"Attacco organizzato ai confini": in Europa scoppia la guerra dei migranti

Si fa di ora in ora più incandescente la situazione lungo il confine tra Polonia e Bielorussia. Qui da mesi l'attenzione è puntata sulla pressione migratoria derivante dai tentativi di attraversamento delle frontiere da parte di migliaia di persone.

Lunedì lo scenario è ulteriormente peggiorato. In centinaia si sono accalcati alle barriere che non costituiscono soltanto i limiti del territorio polacco, bensì anche di quello dell'Unione europea. I migranti, soprattutto afghani, dalla Bielorussia premono per entrare in Polonia e dunque in territorio comunitario.

La zona maggiormente sotto pressione in queste ore è quella di Kuznica Bialostocka, lì dove le barriere di delimitazione corrono tra i sentieri e gli alberi delle foreste che costituiscono l'ultimo lembo di territorio europeo. L'aspetto assunto nelle prime ore del mattino da questa località viene descritto, da parte delle forze dell'ordine locali, come simile a quanto osservato solitamente al confine tra Usa e Messico nei giorni della risalita delle carovane di migranti.

Il governo polacco ha adesso chiesto urgenti interventi da parte dell'Unione europea e degli alleati della Nato. Varsavia da sola rischia di non poter più gestire un afflusso di migranti in grave e costante aumento. Il ministro della Difesa polacco, Mariausz Blaszczak, su Twitter ha annunciato il dispiegamento di dodicimila uomini tra esercito e polizia. La zona di Kuznica Bialostocka è stata isolata ma potrebbe non bastare.

In diversi punti i migranti sono riusciti a tranciare le recisioni, mentre già nei giorni scorsi lungo la frontiera alcuni di loro hanno lanciato pietre e oggetti verso le forze dell'ordine. Fermare del tutto il flusso migratorio appare quasi impossibile.

L'origine della crisi

Varsavia, al pari dei governi delle repubbliche baltiche e dell'Ue, punta il dito contro il presidente bielorusso Lukashenko. Quest'ultimo sarebbe reo di mandare appositamente i migranti verso Lituania e Polonia al fine di rispondere alle sanzioni imposte da Bruxelles dopo il caso della giornalista arrestata sul volo Atene – Vilnius. Piotr Muller, portavoce del governo polacco, nelle sue ultime dichiarazioni non ha lasciato spazio a dubbi. "Si tratta di un attacco organizzato", ha dichiarato, "i confini polacchi vengono attaccati in modo organizzato, rafforzeremo la difesa al confine".

Dalla Bielorussia hanno più volte smentito questa ricostruzione, ma dall'inizio dell'anno a oggi i dati hanno certificato l'apertura di un nuovo fronte migratorio in grado di mettere in difficoltà alcuni Paesi dell'est Europa e destabilizzare l'area baltica.

Dalla capitale polacca già da settimane si sostiene la linea dura. Polonia e Lituania sono tra i dodici governi che hanno firmato l'appello all'Ue per la costruzione di un muro lungo le frontiere esterne comunitarie. Se da un lato il presidente della commissione Ursula Von Der Leyen, si è detta contraria ai muri, dall'altro però anche il Partito Popolare Europeo ha aperto a questa eventualità.

Segno di come, nell'ambito della crisi migratoria bielorussa, Bruxelles forse potrebbe cambiare linea e prospettiva. E dunque provando ad attuare misure più rigorose per contenere il flusso migratorio, senza sottostare ai ricatti politici. Un atteggiamento diverso da quello visto in altre circostanze, come ad esempio in Turchia in occasione delle diverse crisi innescate dal flusso migratorio verso la Grecia.

In quei casi l'Europa ha preferito pagare Ankara per trattenere i potenziali richiedenti asilo.

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