Coronavirus

L'ondata di assenteismo nell'Iss durante l'emergenza Coronavirus

Il tasso medio di assenze tra gennaio e marzo del 2020 è più che raddoppiato rispetto all'anno scorso: perché i dipendenti erano a casa durante la pandemia che si è scatenata in Italia?

L'ondata di assenteismo nell'Iss durante l'emergenza Coronavirus

Il peggio sembra essere passato, ma i segni che il Coronavirus ha lasciato sull'Italia rimarrano inevitabilmente indelebili ancora per molto tempo. Un vero e proprio tsunami si è abbattuto sul nostro Paese, che di certo non si è fatto trovare preparato in maniera impeccabile a quella che è poi diventata una tragedia. Il governo fin da subito è stato chiaro: le decisioni prese hanno seguito - e continueranno a seguire - le indicazioni della scienza. I pareri, gli avvertimenti e gli scenari descritti dagli esperti continueranno a dettare la linea del premier Conte, che ha individuato uno dei maggiori pilastri nell'Iss. Il principale centro di ricerca, controllo e consulenza tecnico-scientifica in materia di sanità pubblica in Italia può vantare la presenza di 2300 persone (tra cui ricercatori, tecnici e personale amministrativo) che "lavorano quotidianamente con l'obiettivo di tutelare la salute dei cittadini".

Un'autocelebrazione che risulta non essere del tutto coerente con il giudizio degli italiani, che in questi mesi a più riprese si sono interrogati sulle effettiva capacità dell'Isituto superiore di sanità. Sì, perché gli scivoloni non sono mancati. "Attualmente non ci sono evidenze che indossare una mascherina da parte di una persona sana, anche in un contesto generale in cui si indossano universalmente, possa prevenire l'infezione di un virus respiratorio, compreso Covid-19", aveva dichiarato Silvio Brusaferro. Eppure ora lo stesso presidente consiglia di indossarle anche negli ambienti confinati, ovvero in quei luoghi chiusi "dove è difficile mantenere il distanziamento sociale".

Un ondata di assenteismo?

Ma c'è un dato ancora più sconcertante: mentre circa 900 persone morivano ogni giorno, c'era chi stava a casa piuttosto che sul posto di lavoro. La domanda sorge spontantea: perché i dipendenti non erano operativi durante la pandemia che si è scatenata in Italia? I dati riportati dall'edizione odierna di Libero fanno riflettere: tra gennaio e marzo del 2020 il tasso medio di assenze nell'Istituto superiore di sanità sarebbe stato del 25%, un numero più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (nel 2019 è stato del 10%).

Per caso si è scatenato un fuggi-fuggi generale nell'Iss appena è iniziata l'emergenza Coronavirus? Sarebbe assurdo pensare che siano stati invece messi a ferie forzate in un momento in cui c'era estremamente bisogno di loro. E considerando che il morbo si è diffuso a metà del trimestre, nel mese di marzo (ovvero quello peggiore per il nostro Paese) in certi uffici si sarebbe visto al lavoro un dipendente su due, o addirittura anche meno. Come mai tali professionisti, che fanno parte di quello che si erge a gioiello pubblico, non si sono messi al lavoro per tentare di salvare l'Italia e gli italiani?

La precisazione dell'Iss

"I tassi di assenza riportati dai giornali comprendono anche il periodo in cui è stato introdotto, in recepimento del dl 11.3.2020 n°18, lo smart working, rilevato dal sistema informatico come non presenza in sede", spiegano però dall'istituto, "Il tasso reale di assenza che si è verificato non è quindi quello del 25% ma del 13.66% perfettamente in linea con il tasso di assenza nazionale e con quello del 2019. Va sottolineato, anzi, che nel confronto operato con l’anno precedente, il tasso di assenza del mese di marzo 2020 è del 10,42%, e cioè di ben oltre due punti percentuali in meno del marzo 2019 che è stato invece di 12,69 punti percentuali. In particolare, ancora prima che fosse dichiarato lo stato di emergenza, dalla metà di febbraio a tutt’oggi, l’Istituto sta lavorando, senza soluzione di continuità, sette giorni su sette con la presenza dei vertici in sede e laboratori funzionanti a pieno regime.

L’Istituto in tutto il periodo dell’emergenza non ha mai smesso di garantire supporto attraverso i suoi esperti al CTS, alle Regioni e al Governo, nell’elaborazione di tutte le misure di contenimento e le strategie di monitoraggio delle diverse fasi dell’epidemia".

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