Cronache

Allarme medico di base: perché può sparire

A pagarne le conseguenze saranno, in particolare, i pazienti più anziani, i quali, spesso, dal loro dottore cercano semplicemente parole di conforto e consigli, trovando piena disponibilità

Allarme medico di base: perché può sparire

La riforma sanitaria prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo Draghi rischia far scomparire per sempre la figura del medico di base. Per tradizione, le famiglie italiane, soprattutto le persone più anziane, si rivolgono al dottore che conoscono da sempre, magari ereditato dai nuclei familiari di provenienza, con il quale si stabilisce in rapporto di fiducia solido e duraturo. Le nuove regole sulla sanità vanno nella direzione opposta. L’idea è di far confluire il medico di base in strutture multifunzionali, un ufficio unico del malato, dove diversi professionisti del settore sanitario si alterneranno su competenze e turni. Una sorta di “spersonalizzazione” delle cure che, se da un lato garantirà maggiori opportunità ai pazienti, dall’altro renderà più povero il rapporto umano, facendo del tutto svanire quell’empatia che si viene a creare tra medico di famiglia e assistito.

A pagarne le conseguenze saranno, in particolare, i pazienti più anziani, i quali, spesso, dal medico di base cercano semplicemente parole di conforto, consigli sulla scelta di specialisti, trovando piena disponibilità a tutte le ore. Il dottore di famiglia il più delle volte diventa un confidente. Con il nuovo sistema al vaglio del governo ci si troverebbe di fronte, ogni volta, un medico diverso, sconosciuto. Nonostante la digitalizzazione dei dati dei pazienti permetta ai professionisti di conoscere la loro storia clinica, spesso accade che i sistemi informatici sanitari non sono ben collegati tra di loro, non solo tra una regione e l’altra, ma anche nello stesso territorio. Ciò potrebbe creare problemi e disagi. “Se il medico si trova all'interno di una comunità di persone – dichiara al quotidiano Il Messaggero Claudio Cricelli, presidente della società italiana di medicina generale e delle cure primarieallora diventa uno studio di vicinato, molto autorevole, con un ruolo anche rassicurante all'interno della comunità. Laddove invece ci si trova nei centri delle città, dove i legami tendono già a sfilacciarsi, si ha già più difficoltà a creare un rapporto col paziente”.

Sul territorio nazionale, poi, sono evidenti le disomogeneità. Se nel Veneto e nel Lazio, per esempio, c’è una buona rete sanitaria territoriale, lo stesso non si può dire per la Calabria, dove le città sono collegate in maniera pessima. Anche la Lombardia ha un sistema di medicina territoriale problematico, poiché si è deciso di non puntare sul dottore di famiglia, investendo in particolare sulla specialistica con il secondo livello ospedaliero accreditato ai privati.

Ciò, secondo Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani, fa capire che “il problema delle disfunzioni del sistema sanitario non dipende dal ruolo dei medici di base”.

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