Dichiarare lo stato d'emergenza, è una prassi: l'ultimo fu Prodi

Nonostante le polemiche montate dall'opposizione il ricorso allo stato di emergenza è, per i governi italiani, una prassi consolidata. Prevista dalla legge 225 del 1992 è stato dichiarato in diverse occasioni. L'ultima volta dal governo Prodi il 16 marzo 2007

Roma - La dichiarazione dello "stato di emergeneza nazionale" è prevista dall’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992 n. 225, in base alla quale il presidente del Consiglio "delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti".

In realtà il ricorso allo stato di emergenza è, per i governi italiani, una prassi consolidata: nel lontano 2002 fu l’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola a dichiarare l’emergenza "considerato il continuo, massiccio afflusso di stranieri che giungono irregolarmente in Italia, creando una situazione particolarmente critica, segnatamente sotto l’aspetto dell’ordine pubblico, dell’accoglienza e della temporanea permanenza". Si riteneva infatti "necessario adottare misure straordinarie per fronteggiare con provvedimenti urgenti tale stato di emergenza" (Dpcm 20 marzo 2002).

Da allora, prima della decisione del Consiglio dei ministri di oggi, lo stato di emergenza proclamato da Scajola è stato prorogato altre cinque volte, con quattro decreti

dell’esecutivo guidato da Sivio Berlusconi (11 dicembre 2002, 7 novembre 2003, 23 dicembre 2004, 28 ottobre 2005) ed uno, l’ultimo, dal governo di Romano Prodi (16 marzo 2007), emergenza scaduta il 31 dicembre scorso.

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