Due pesi e due misure

Nel novembre dell’anno scorso, durante l’incontro con alcuni giovani di origine straniera, Gianfranco Fini aveva sdoganato politicamente il termine «stronzo». Rivolgendosi ai ragazzi, il presidente della Camera aveva detto: «C’è qualche stronzo che dice qualche parola di troppo? Se qualcuno pensa che siete diversi, qualche parolaccia se la merita. Voi la pensate e io la dico». E domenica alla festa di Mirabello Fini ha fatto altrettanto con il termine «infame». «Quella che ho subito questa estate - ha detto dal palco riferendosi alle inchieste giornalistiche che hanno indagato su come è stato gestito negli anni scorsi il patrimonio immobiliare di An - è stata una autentica lapidazione di tipo islamico. Infame non perché sia rivolta a me, ma perché è stata rivolta contro la mia famiglia».
Insomma, Fini ha aperto la stagione dell’insulto istituzionalizzato.

Dall’alto della sua carica, che è la terza dopo la presidenza della Repubblica e quella del Senato, Fini usa un linguaggio quantomeno poco consono. Ma vista la simpatia della quale gode Fini presso la stampa di sinistra, gli «stronzi» e gli «infami» hanno torto per definizione. Perché del resto ormai è assodato: l’insulto, se viene da sinistra, è chic.

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