da Milano
Ora che Ben Bernanke si è mosso, la palla passa a Jean-Claude Trichet. E gli osservatori hanno pochi dubbi: in agosto, mese in cui è prevista la prossima riunione della Bce, il presidente dellEurotower alzerà a sua volta i tassi. Per accorciare il differenziale con i Fed Fund (al 5,25% contro il 2,75% di Eurolandia), certo. Ma non solo. Anche perché il banchiere francese non pare eccessivamente preoccupato da un eventuale spostamento degli investitori verso il dollaro, essendo il fly to dollar condizionato dallandamento dei cosiddetti deficit gemelli americani (disavanzo federale e quello delle partite correnti). La diffusione di dati non esaltanti potrebbe addirittura deprimere il biglietto Usa. Nè, nellultimo periodo, Trichet ha dato peso allandamento delle valute. Nonostante una certa volatilità nel rapporto tra dollaro ed euro, ha ripetuto come un mantra che la banca centrale non ha al momento una posizione in materia di cambi.
Più che guardare in casa daltri, la Bce penserà dunque a mettere ordine nella propria. Ieri Trichet era a Monaco, per un meeting organizzato dallIfo tedesco, ma ha evitato ogni riferimento alle strategie di politica monetaria limitandosi a ribadire per lennesima volta come in tutti i Paesi del club delleuro vi sia bisogno di riforme strutturali. Anche questo, del resto, è un richiamo allordine.
Sul tema-tassi, è peraltro difficile equivocare Trichet. Che di sicuro maneggia con maggiore disinvoltura larma a doppio taglio della comunicazione rispetto al proprio omologo a stelle e strisce. Così quellinsistito battere, sostenuto dal coro dei falchi della Bce, sui rischi di uninflazione troppo calda traccia un solco netto e profondo a favore di una nuova stretta. Anche se la Bce non ha «tesi preconcette», la strada dellirrigidimento delle redini monetarie è obbligata: perché, secondo il Trichet-pensiero, prezzi fuori controllo sono un virus in grado di indebolire la crescita economica. In questo modo, la Bce può rispedire al mittente gli inviti alla cautela dei governi europei e del Fondo monetario internazionale, preoccupati che strette al credito troppo forti possano soffocare una ripresa singhiozzante. E, al tempo stesso, rivendicare la totale autonomia nella gestione dellistituto.
Scontata la prossima mossa sul costo del denaro, non altrettanto certa è lentità della manovra.
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