La faccia di Moro e le profezie di Montanelli

Come ogni altro quotidiano, Il Giornale degli anni settanta seguiva attentamente le intricate vicende del Palazzo. Ma le seguiva con un distacco, con un disagio, con una insofferenza che trovavano espressione nelle cronache, nei titoli, e soprattutto nei commenti di Montanelli. Il quale non aveva nessuna fiducia nei leader in attività di servizio, ma ancor meno ne aveva nei possibili successori. «Quando sulla scena arriveranno i loro quarantenni rincalzi, ci accorgeremo che gridando “largo ai giovani”, non avremo fatto largo che a dei vecchi». La gemma di queste quattro prime pagine è a mio avviso l’editoriale «La faccia di Moro». Con una arcana premonizione sul destino dell’uomo che sarebbe stato assassinato dalle Br Indro scriveva: «Tutti i suoi ritorni in scena furono sempre preceduti e sottolineati da un rullio basso di tamburi, come quello che nei melodrammi accompagna il passaggio sulla scena dei condannati... C’è gente che passa la vita ad aggiornare il necrologio di Moro».

Dopo queste righe dedicate profeticamente alla tragicità del personaggio, ecco le righe dedicate ai suoi risvolti da commedia. «Egli comunica con la gente, ma le comunica soltanto il torpore. E se una magia esercita, è quella dell’anestesista».

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