«Fukushima errore umano» Ma al nucleare non si rinuncia

di Franco Battaglia

Come diceva quello? Per rovinarsi il modo più veloce è coi cavalli, il più piacevole con le donne, e il più sicuro con gli esperti. Un comitato dei quali, giapponesi, ha sbroccolato un rapporto che dopo 6-mesi-6 di studio su cosa ha causato il disastro di Fukushima, ha emesso cotanto verdetto (cito alla lettera): «Per prevenire futuri disastri sono necessarie riforme fondamentali che investano sia la struttura dell’industria di produzione elettrica che la struttura delle agenzie governative e di controllo, sia le situazioni d'emergenza che quelle ordinarie». Deve essere, questo, il cuore del pensiero degli esperti visto che la frase è evidenziata in caratteri neretto e dentro una cornice.
Non chiedetemi però cosa essa significhi perché non l’ho capito. Leggendo il resto del rapporto (in realtà la forma riassunta in inglese, ché l’intero malloppo è in giapponese), non ho trovato traccia di quali sarebbero le necessarie riforme. Gli antinucleari leggeranno nella frase che ho citato un inequivocabile riferimento all’abbandono del nucleare. Devo deluderli, perché gli esperti lo hanno scritto chiaramente: «non abbiamo studiato questioni di politica energetica e, in particolare, nulla diciamo sulla opportunità o meno di promuovere o non promuovere l’energia nucleare». La cosa delude anche me, perché se fossi chiamato da esperto mi piacerebbe che mi si chiedesse: tirate le somme su ciò che è successo, sui danni subiti e sui benefìci goduti, e tenendo conto di tutte le opzioni, cosa conviene fare? E, si badi bene, la domanda può riguardare molte circostanze. Ad esempio. Solo in Italia, almeno 5000 persone l’anno muoiono in incidenti d'auto: tirate le somme, etc., chiudiamo o no con l'autotrasporto? O, ancora, il disastro del Vajont uccise 2000 persone in una notte: tirate le somme, chiudiamo o no con l’idroelettrico? Ma io sarei un esperto alle prime armi: i veri esperti sanno come si risponde.
Quelli giapponesi scrivono: «Il disastro di Fukushima fu un disastro Made in Japan. Le sue cause fondamentali sono da ricercarsi nelle convenzioni incardinate della cultura giapponese: la nostra riflessiva obbedienza, la nostra riluttanza a mettere in discussione l’autorità, la nostra devozione a restare fedeli ad un programma, la nostra insularità». Sì, ha scritto proprio così: l’insularità del Giappone è una delle cause fondamentali del disastro di Fukushima.
Se si legge oltre, si apprende che la causa è stata anche l’errore umano. Nel senso che, secondo i Soloni del rapporto, il disastro si poteva «tranquillamente evitare». Dirlo prima no, nevvero? Se poi uno va a cercare quale esattamente fu l'errore umano, te lo dicono pure. O, almeno, ci provano. Prima scrivono che l’operatore (la Tepco) sapeva già che il rischio di inondazioni era noto. (Fu l’inondazione dei locali che ospitavano i generatori elettrici d'emergenza a mettere questi ultimi fuori uso e a interrompere il sistema di raffreddamento dei reattori). A dire il vero, avevano appunto frapposto tra il mare e quei locali una barriera alta oltre 4 metri: purtroppo l’onda fu di 14 metri. Avessero fatto una barriera di 14 metri, o anche solo avessero messo quei locali a tenuta stagna… Già, ma come si dice, del senno di poi, etc. Sostengono, i Soloni giapponesi, che se solo la Tepco avesse adottato le misure di ulteriore sicurezza che adottarono gli americani dopo i fatti dell'11 settembre, allora Fukushima non sarebbe accaduta. Magari questo sarà vero, ma non si capisce come misure pensate per proteggersi dal terrorismo possano spontaneamente venire in mente a chi intende prenderne per proteggersi dai maremoti. Ragionano in modo curioso questi giapponesi.
Ora, non è escluso che in quella circostanza siano stati commessi anche errori umani, troppo facili da trovare dopo, da chi se ne sta comodo in poltrona. Ma dobbiamo essere consapevoli che l’errore umano è ineliminabile o, meglio, che l’unico modo per eliminare l’errore umano è eliminare gli uomini. I Soloni giapponesi non sembra ne siano consapevoli.

Quanto ai 50 reattori nucleari giapponesi, essi stanno passando il vaglio degli stress test e stanno lentamente cominciando ad essere riavviati. Nel frattempo, quel 35% di energia elettrica che essi producevano è garantita (solo) dall’aumentata combustione di carbone, gas e petrolio.

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