Libri&potere

Uno dei limiti maggiori che si imputano agli uomini che si occupano di business e denaro, oggi, è quello di una loro scarsa preparazione e attenzione verso campi e interessi che non sono di loro stretta competenza, e più in generale di un crescente e dannoso allontanamento tra materie umanistiche e classe dirigente manageriale. Un’utile lettura, in questo senso, può essere allora il saggio di Sandro Gerbi, uscito qualche settimana fa, dal titolo «Mattioli e Cuccia. Due banchieri del Novecento» (Einaudi, pagg. 214, euro 14) che racconta le «vite parallele» di Raffaele Mattioli, il banchiere umanista - il «banchiere eretico» - che rilanciò la Commerciale Italiana e ne fu per quasi quarant’anni il nume tutelare, e di Enrico Cuccia - «il silenzioso burattinaio del capitalismo italiano», «lo spietato sacerdote del grande capitale» - che insieme a Mattioli fondò, da una costola di Comit, Mediobanca. Tutti e due rappresentano, tra luci e ombre, mezzo secolo di economia e finanza italiana.

Ed entrambi avevano una grandissima passione per le materie umanistiche, per i libri, la cultura classica. Attraverso le biografie parallele di Mattioli e Cuccia prende forma l’Italia costruita da Comit e Mediobanca: un percorso accidentato e denso di celebri misteri.

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