Memoria e disincanto di «Grisha»
25 Agosto 2006 - 00:00Un volume monografico sullapolide che si sentiva un po italiano
Al vostro servizio, al soldo di Indro Montanelli, Gregor von Rezzori scrisse per quasi dieci anni sulle pagine di questo giornale. Quando avviò la collaborazione - con larticolo che pubblichiamo in questa pagina, uscito esattamente alla vigilia del suo 65º compleanno - era ormai lietamente approdato nelle lande del Chianti, nella magnifica villa di Donnini dove, accanto alla terza amatissima moglie, Beatrice Monti della Corte, visse per un trentennio la sua vivace terza età.
La Toscana offrì così lultima dimora allo spirito irrequieto che ancora oggi la discendenza dei nipoti, lo stuolo degli amici, la schiera degli ammiratori ricorda affettuosamente come «Grisha». E lui fino alla fine non seppe darsi requie: interrompendo continuamente il suo felice soggiorno italiano con lunghi viaggi allestero: «In Grecia e a New York, a Vienna, Monaco, Parigi», ricorda Andrea Landolfi, curatore del bel volume monografico, biografico e corale Memoria e disincanto. Attraverso la vita e lopera di Gregor von Rezzori (Quodlibet, pagg. 243, euro 18. Tra le voci, i germanisti Giorgio Cusatelli e Jacques Lajarrige, lamico Claudio Magris e la signora Monti della Corte, i lettori letterati Zadie Smith, Mario Specchio e Volker Schlöndorff, leditore Luigi Brioschi, che prima di Un ermellino a Cernopol ne ha pubblicato Tracce nella neve e Memorie di un antisemita).
Tutti posti bellissimi insomma, fino alla fine. «Stupendo, ma non è quello!», scriveva però sul Giornale. Il posto «suo», di fiero apolide, mai e poi mai sradicato, confina con il paesaggio descritto in questa pagina. Facendo centro su Bucarest, si poteva chiamare Romania: come il regno cui la sua famiglia, austriaca, scelse di appartenere dopo la Grande guerra e il crollo dellimpero absburgico. Puntando su Czernowitz (la città di Paul Celan e di Erwin Chargaff, poi Cernauti romena) è invece la Bukovina che, ricomparsa oggi sulla mappa dellEuropa, con la forza della sua nuova realtà nulla aggiunge né toglie alla forza magnetica irraggiante dai libri di von Rezzori.
Ma allora, che avesse il nome esotico di Metropolsk, capitale di Maghrebinia e centro gravitazionale delle sue Storie (le Maghrebinische Geschichten che nel 53 diedero la fama al nostro autore), che fosse la sovietica Cernovcy, liberata con lindipendenza di Ucraina, oppure la fantastica Cernopol, dislocata nella romanzesca Toskovina, comunque avrebbe conservato la sua solidità di «stabile colonia di nomadi». Confermato levanescente storicità di dominio fondato e affondato. Ex territorio dellimpero ottomano, ex ducato dellimpero austroungarico, ex Regno di Romania e repubblica dellex Unione Sovietica, terra via via di «daci, romani, gepidi, avari, pecenighi, cumani, ruteni, ungheresi, turchi, greci, polacchi, russi austriaci e tedeschi», è un posto troppo mutevole perché si possa ritrovarlo sulle cartine geografiche, troppo incantevole perché si potesse smettere di cercarlo.
Eppure von Rezzori vi affondava radici che, salde come quelle di un apolide, tese tra memoria e disincanto, gli portavano «nel sangue leredità intellettuale di tutto il mondo» e alimentavano la sua vena, la sua penna e la sua fertile fabulante fantasia. Estirparlo da lì non si sarebbe potuto. Si poteva tirare, tirare e tirare, strappare tutti i suoi fiori. Fino allultimo ne sarebbero spuntati di nuovi, a costo di fiorire per un giorno sulla carta del Giornale.
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