«Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo dalla finestra sto lavorando?», diceva Joseph Conrad. Questo è scrivere per Chiara Di Sante, 21 anni, bergamasca trasferitasi a Milano per frequentare lo Iulm, dove sta per laurearsi in Comunicazione, media e pubblicità con una tesi sulle forme del cinema contemporaneo.
«Scrivo dovunque, anche di notte annoto appunti, fisso idee sul cellulare. Gli studi influenzano il mio stile, minimale e, se si può dire così, perfino postmoderno. Sono molto attenta al dettaglio, al particolare». Modernità sì, ma senza rinunciare alla correttezza e al rigore formale, come detta la tradizione. Questo vale anche per Zucchero, il racconto con cui approda alla seconda fase del Campiello.
«È un'opera destrutturata, una serie di scene con un filo conduttore: lo zucchero, appunto», dice.
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