IL NEMICO DEL POP

Hilton Kramer, uno dei più combattivi critici d’arte degli Usa, grande fustigatore delle neo avanguardie, è morto a Harpswell, nel Maine, all’età di 84 anni. Dotato di uno stile chiaro ma al vetriolo Kramer è stato per un decennio il critico d’arte del «New York Times», dove entrò nel 1965 per diventare poi caporedattore, e poi direttore della rivista «The New Criterion», da lui fondata nel 1982. Strenuo difensore del Modernismo, Kramer ha sparato a zero su tutte le tendenze artistiche nate nel secondo dopoguerra. Ha bollato la Pop Art di Andy Warhol e Roy Lichtenstein come «un grande disastro», l’Arte Concettuale come «un libro d’arte rottamato» e il Postmodernismo come «un modernismo con il ghigno, con una risatina, un modernismo senza fede». Ammiratore di Max Beckmann, Henri Matisse e Pierre Bonnard, Kramer ha «salvato» tra gli artisti contemporanei quasi solo Helen Frankenthaler.

Restano invece memorabili le sue critiche a Roy Lichtenstein, definito «il più vacuo» dei pittori della Pop Art, e a Warhol che definiva «un simulacro trash». Kramer però trovò anche lui il suo fustigatore: Tom Wolfe, il padre del New journalism, lo bersaglio di critiche nel «Il successo nell’arte» del 1975.

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