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Nessuna «svolta» nel Dpef del governo

Prodi è soddisfatto del nuovo Dpef varato pochi giorni fa, e uno dei motivi di orgoglio è che il Documento di programmazione economica e finanziaria rappresenta una svolta, non immediata beninteso, creando i presupposti per risanare l’Italia e farla «ripartire» (per usare un termine automobilistico tanto caro al Prof). La politica economica della maggioranza parte dalla giustizia sociale, ossia dai pensionati e dai giovani, che rappresentano le fasce di popolazioni più deboli. Nulla da eccepire, ma i problemi non si risolvono con una manciata di euro distribuiti a pioggia, bensì fornendo occasioni reali di cambiamento. I provvedimenti previsti da questo Dpef sono inefficaci e non rappresentano alcuna svolta, perché si ha paura del cambiamento e la mannaia del debito pubblico è sempre lì che incombe sulle nostre teste. Pietismo, populismo, assistenzialismo e demagogia hanno caratterizzato la politica degli ultimi cinquant’anni. È ora di cambiare. Caro Prodi, non se ne può più di sentir parlare di aiuti alle famiglie numerose.

Lo faceva anche Mussolini, ma allora c’era la civiltà contadina che richiedeva braccia per la terra. L’Italia chiede ai politici di non cercare facilmente il consenso elettorale ma di rischiare nelle decisioni e nelle scelte.

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