Pd Tutti i guai di un partito senza Chiesa

I compagni non sono più quelli di una volta. E anche il Pd non è più neppure lontano discendente di quella macchina da guerra che, gioiosa o furiosa che fosse, era pur sempre una macchina da guerra. Compatta, pronta a muoversi a testuggine, senza che dall’esterno apparisse mai una crepa. Il Pd di oggi, persino a Genova, persino in Liguria, è un partito come tutti gli altri, pronto a fare acqua alla prima difficoltà. Pronto a dar vita a uno scontro pubblico per una vendetta privata, disposto ad autodistruggersi trascinando con sé i suoi esponenti impegnati in una faida interna. L’ultima puntata del caso-Chiesa è a dir poco imbarazzante. La conferenza stampa dell’ex assessore regionale alle Infrastrutture avrebbe dovuto spiegare i motivi delle dimissioni. In realtà è servita a mettere a nudo la sconfitta di tutti i protagonisti.
Il grande ex
Ha perso certamente lui, Ezio Chiesa, mister cinquemila voti.

L’ex operaio di Mezzanego, cresciuto a pane e Pci, che guidò i Ds-Pd del Tigullio a vincere qualsiasi elezione ci fosse da vincere, ha gettato la spugna dopo cinque mesi perché «da diverso tempo il rapporto tra me e il partito non è dei migliori». (...)

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