Nella pantomima che agita il governo da due giorni c'è spazio per nuove versioni di vecchie scuse da politico sotto accusa. Da una parte c'è Luigi Di Maio che, accusando la «manina» malevola che avrebbe avvelenato il testo sul condono, ha in sostanza ammesso di non aver letto come si deve la norma approvata.
Dall'altro c'è il vice ministro dell'Economia Laura Castelli che, accusata dai leghisti e anche da una parte dei suoi di non aver controllato bene, si sarebbe sottratta al ruolo di capro espiatorio protestando così: «Mica le scrivo io le norme!». Un ministro non le legge, l'altro non le scrive. Pare quel vecchio film: «Non guardarmi, non ti sento». Quello però era una commedia. Questa è una farsa.
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