Europa

Whatsapp di Macron "Giorgia vediamoci". Incontro del disgelo dopo cinque mesi

Primo bilaterale tra Meloni e il numero uno dell'Eliseo a margine del Consiglio Ue. I due "costretti" a parlarsi: troppi interessi (anche economici) in gioco.

Whatsapp di Macron "Giorgia vediamoci". Incontro del disgelo dopo cinque mesi

Bruxelles. Il whatsapp della distensione parte dal cellulare di Emmanuel Macron e arriva direttamente sul telefono di Giorgia Meloni. Un messaggio in cui il presidente francese ipotizza un incontro bilaterale con la premier italiana a margine del Consiglio Ue di Bruxelles. Il primo passo, dunque, lo fa l'inquilino dell'Eliseo, anche se sono mesi che le diplomazie di Francia e Italia stanno premendo su Macron e Meloni affinché mettano da parte divergenze e incomprensioni. Troppi, infatti, sono i dossier su cui Parigi e Roma hanno interessi comuni. Politici e soprattutto commerciali, visto che con 103,8 miliardi di euro di scambi bilaterali (dato del 2021), la Francia è il terzo Paese fornitore dell'Italia e viceversa l'Italia è il terzo della Francia. Impensabile, insomma, continuare a tenere chiuso il filo tra Eliseo e Palazzo Chigi, anche perché - nonostante il grande freddo tra i due in questi mesi i ministri dei rispettivi governi hanno continuato a vedersi con regolarità.

Una normalità solo apparente, perché non ha probabilmente precedenti che a cinque mesi dal suo insediamento a Palazzo Chigi un premier italiano non abbia avuto ancora un incontro bilaterale con il presidente francese. I due, infatti, si sono incontrati a Roma lo scorso 23 ottobre, un faccia a faccia fugace e con una serie di incomprensioni organizzative - sulla terrazza dell'hotel Gran Melià, al Gianicolo. Poi, al netto degli incroci occasionali ai vertici europei o ai summit di G7 e G20, più niente. Anche perché i rapporti tra Parigi e Roma sono andati più volte in crisi, a novembre sulla Ocean Viking e a febbraio sulla cena all'Eliso a tre Macron-Scholz-Zelensky (secondo il cosidetto «formato Normandia»).

Alla fine, però, i rispettivi sistemi-Paese hanno costretto i due a sedersi allo stesso tavolo. E, finalmente, ieri sera - dopo la conclusione dei lavori del Consiglio - a Bruxelles dovrebbe essere andato in scena l'incontro del grande disgelo. Sul tavolo diversi dossier economici, a partire dalla riforma del patto di stabilità («la politica industriale si fa con i tedeschi, ma quella macroeconomica con i francesi», spiegano fonti diplomatiche italiane) fino all'aerospazio. Ma si discute anche dell'area mediterranea e della questione migranti, su cui al netto del tema dei cosiddetti «porti chiusi» Francia e Italia hanno posizione molto vicine. Per non parlare del dossier Tunisia, un fronte che da mesi allerta molto Meloni, che sta spingendo affinché il Fondo monetario internazionale sblocchi 1,9 miliardi di dollari di prestito per evitare l'aggravarsi della crisi sociali che sta spingendo sempre più tunisini a lasciare il Paese (in questi primi mesi del 2023 le partenze dalla Tunisia sono triplicate). L'Italia, ovviamente, è il Paese di primo approdo, ma a Parigi sono ben consapevoli che per ragioni storiche e di lingua buona parte dei tunisini in fuga hanno come meta proprio la Francia. Sul punto, insomma, è facile che Macron e Meloni possano decidere una strategia comune.

E di immigrazione si parla anche al Consiglio Ue. Marginalmente, perché i punti che contano all'ordine del giorno sono l'Ucraina e la fornitura di armi a Kiev, oltre a competitività, commercio, energia (nucleare in primo piano) e relazioni con la Cina. Nell'ultima bozza di conclusioni, infatti, ci sarà un passaggio sul fatto che «la migrazione è una sfida europea che richiede risposte europee». E tanto basta a Meloni per dirsi «soddisfatta». D'altra parte i 27 sono già intervenuti nel Consiglio straordinario di febbraio ed era impensabile prevedere così a ridosso un nuovo intervento comunitario. Il segnale politico, però, c'è. Con l'impegno nella prossima riunione di giugno di «esaminare l'attuazione dei punti concordati» a febbraio. Insomma, l'Italia può rivendicare di aver tenuto alta l'attenzione sul capitolo migranti anche in un Consiglio Ue in cui il dossier non era in agenda, ma certo ieri la questione è stata derubricata piuttosto rapidamente (poco più di mezz'ora). Ma Palazzo Chigi ha apprezzato soprattutto le parole di Ursula von der Leyen che, in questa partita, resta la principale interlocutrice della premier. «Sono favorevole ad un incremento del numero di ingressi regolari di lavoratori dai Paesi terzi», dice la presidente della Commissione Ue durante la prima sessione del vertice, e «tengo a menzionare a questo riguardo l'esperienza estremamente positiva dell'Italia con i corridoi umanitari».

Un riconoscimento di cui Meloni si dice molto soddisfatta.

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