Il rammarico «Col lavoro che faccio, non posso sposarmi»

«Non voglio sposarmi perché facendo questo lavoro non vorrei complicare la vita alla mia famiglia». Così si era confidato ad un’amica di Rovigo, Massimo Ranzani, il tenente ucciso in un attentato in Afghanistan. A Vipiteno da ieri mattina sventola il tricolore a mezz’asta davanti alla caserma del Quinto alpini. È per Ranzani, che dal 2005 faceva parte di questo storico reggimento. A poco più di 300 chilometri di distanza, a Occhiobello (Ferrara) c’è lo stesso dolore: i genitori dell’alpino, Mario e Iole Ranzani, sono chiusi nella villetta dove abitano, ma, spiega chi li ha incontrati «orgogliosi del loro figlio».

Mamma Iole ha saputo le prime notizie della morte di un militare in Afghanistan mentre stava guardando un tg e quando ha sentito suonare alla porta e ha visto i militari ha intuito che qualcosa poteva essere accaduto al figlio in missione. «Abbiamo perso un amico», ha detto il capitano Paolo Rinaldi «aveva una grandissima esperienza e avrebbe dovuto rientrare in Italia ad aprile».

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