Non era iniziato nel migliore dei modi il 2020 della Grecia, di nuovo assediata dai flussi migratori proveniente dalla Turchia a seguito dell’apertura dei confini da parte del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. La mossa turca, da intendersi in un discorso più ampio di pressione sull’Unione europea ed una vendetta per la concorrenza greco-cipriota nel mercato energetico, aveva portato nuovi flussi migratori a riversarsi lungo le rive dell’Evros e a prendere il mare in direzione di Lesbo. E in questo scenario, la Grecia ed il suo popolo si sono sentiti nuovamente assediati, nell’impossibilità di gestire una nuova crisi migratoria nonostante il potenziamento dei canali ricettivi messo in campo dal governo guidato dal conservatore Kiriakos Mitsotakis.

Nuove ondate all’orizzonte?

La situazione, degenerata sul finire dello scorso mese di febbraio, era nuovamente rientrata all’inizio di marzo, quando lo scoppio della pandemia in Europa ed i primi segnali anche in Turchia avevano condotto le leadership mondiali ad una rapida serrata dei confini. Durante questi tre mesi, infatti, la situazione in Grecia si è quasi completamente allentata, nonostante alcune criticità limitate però a lassi temporali molto brevi. Adesso, però, con la riapertura dei confini nazionali anche il flusso dei migranti sembra indirizzato verso una rapida ripresa, spaventando una Grecia che in questo modo teme lo scoppio di nuovi e imponenti focolai. Considerando il clima che si sta vivendo già da diversi mesi sulle isole dell’Egeo, il rischio per Atene è che da ciò possa nascere una nuova serie di scontri tra popolazione e forze armate sulla questione migratoria. E questo scenario sarebbe proprio quello che Mitsotakis vorrebbe scongiurare in tutti i modi possibili, anche ricorrendo a misure innovative volte al contenimento della migrazione clandestina.

La Grecia studia una barriera marittima

Come riportato dalla testata tedesca DerSpiegel, la Grecia starebbe lavorando all’attuazione di una barriera marittima volta a bloccare – o almeno limitare – gli accessi dei migranti che partono dalle coste di Smirne e sono diretti verso le isole greche dell’Egeo. In questo modo, Lesbo, Samos e Chios dovrebbero essere in grado di gestire il numero più contenuto di arrivi, dando il tempo alle autorità competenti di portare a termine la redistribuzione dei profughi.

La mossa, che in realtà era già da tempo sui tavoli del governo di Atene e che venne rallentata soltanto dalla pandemia di coronavirus che aveva spostato l’attenzione sulla gestione della situazione interna, assume un carattere sperimentale in Unione europea. Inoltre, data la delicatezza della questione e le prime osservazioni già fatte mesi addietro, la scelta della barriera marittima è destinata a far discutere in tutto il territorio dell’Unione europea, oltre a spostare nuovamente l’attenzione sulla questione migratoria e sulla ripartizione interna delle persone accolte.

Forse, però, la durezza della mossa messa in campo d’Atene potrebbe essere l’unica soluzione volta a dare “una svegliata” alla Commissione europea, che nonostante le promesse non ha ancora messo a punto un ammodernamento del sistema d’accoglienza comunitario. E in questo scenario, realisticamente, un nuovo silenzio da parte di Bruxelles potrebbe significare un totale disinteresse verso la questione, aprendo la strada a nuovi approcci nella stessa fase di prima accoglienza.