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Surfare a trenta metri d’altezza: l'impresa di Garrett McNamara

Nel 2013 lo sportivo americano compì un’impresa mai riuscita: a Nazaré, in Portogallo, domò un’onda alta quanto un grattacielo

Garrett McNamara, surfare a trenta metri d’altezza

Un manipolo di abitanti impregnati di salmastro. Eppure, da queste parti il turismo sportivo traina prepotentemente l’economia locale. Quindicimila anime raccolte su questo ultimo avamposto terrestre che guarda alla sconfinata distesa salata dell’Atlantico. Poca gente che ogni giorno incontra un mucchio di persone. Specialmente accaniti surfisti, s’intende, perché si dà il caso che questo sia per loro un autentico paradiso.

Dal paesino di Praia do Nortenella scendi giù fino alla baia, dove l’increspatura formata dai flutti che si infrangono sulle rocce genera onde alte come grattacieli. Un fenomeno maestoso e terrificante, che si rinnova ogni giorno qui – ad un’ottantina di km da Lisbona – per effetto del Canyon di Nazaré, un abisso profondo cinquemila metri. Paradiso dei surfisti, certo, ma da queste parti la minima imperizia può coincidere con i titoli di coda della tua vita.

Garrett McNamara non è certo l’ultimo degli sprovveduti quando si cimenta con quelle mostruose creature marine, nel gennaio del 2013. Ci ha già provato anche un paio di anni prima, ma sta cercando da un pezzo l’onda perfetta. La sfida che dona senso ad un’esistenza. Cerca un gigante alto cento piedi, McNamara. Per noi europei, l’equivalente di trenta metri d’altezza. E sa, questo americano di nitide origini irlandesi, che può trovarlo soltanto qui.

Il primo vagito di questo temerario asso della tavola orizzontale è a Pittsfield, Massachussets, nel 1967. Dunque, quando si cimenta con questa temeraria impresa, la carta d’identità recita quarantacinque. Ma non importa, perché Garrett si è abituato a temprare il suo fisico ad oltranza, in attesa di cavalcare il flutto dei sogni. Le occasioni languono? Lui continua a crederci. Seguita ad allenarsi. Nel 2011 ci va vicino, ma non troppo. Sempre Nazaré. Onda di ventiquattro metri. Non gli basta.

L’amore incondizionato per il surf si era disvelato da piccolo, quando con la famiglia si era trasferito alle Hawaai. Certo, lì le onde erano una question tiepida e docile. Allora aveva iniziato a girovagare da un polo all’altro del mondo, McNamara, per inseguire l’esuberante richiesta interiore pompata nelle sue vene. Onde ovunque, imperiose, da comprendere, da rispettare. Pericolose, anche. In California, fluttuando sopra una corrente imbizzarrita alta “soltanto” quindici metri, se l’era vista brutta. Un piede che scivola sulla tavola, una muraglia d’acqua che lo ingurgita, una spalla dislocata e un braccio spezzato. Troppo poco per fermarlo. Aveva anche surfato sul ghiaccio, in Alaska, per dissetare quella voce incalzante. Troppo poco. Troppo poco.

Tutto quell’intransigente cercare gli ha procurato lividi assorbibili e cicatrici con cui convivere. Però l’ha anche condotto qui, un’altra volta. Fuori il clima è rigido, ma la muta è una corazza che lo tiene al riparo dal gelo. Compie i soliti gesti di sempre. Passa i suoi prodotti sul dorso liscio della tavola. Magari recita un matra interiore. Poi si avvia sbracciando verso il punto dove tutto quel che ha sempre sperato è destinato a succedere. Dalla scogliera lo osserva trepidante un mucchio di gente. Il cielo è di piombo. I venti suggeriscono burrasca. Le condizioni ideali per fare un tentativo.

Arriva la corrente, sospinta da una forza motrice squassante. Sbatte puntualmente contro le pareti levigate dell’abisso sottostante. L’onda si impenna paurosamente per quella collisione. Sorge in fretta un gigante di trenta metri e mezzo. Tutto quello che aveva sempre sperato adesso c’è, esattamente alle sue spalle. Ora servono nervi lucidi per domarla. La traiettoria disegnata da McNamara pare infinita. Taglia in obliquo quella muraglia marina che lo insegue ad un’incollatura, tentando di avvilupparlo. Se succede, potrebbe essere la fine. In tanti se ne sono andati così, in questa baia. Lui però aspetta da troppo questo momento per lasciare che qualcosa vada storto. Completa la discesa. Stabilisce il record mondiale. Guadagna la spiaggia, trasecolato e felice.

A volte devi salire molto in alto per afferrare i tuoi sogni.

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