Arte

"Grattage" e "Frottage" nelle nuove ricerche, la giovane arte di Giovanni Guida guarda a Max Ernst

A Palazzo Reale di Milano, fino al 26 febbraio 2023, le sperimentazioni dell’artista surrealista e dadaista Max Ernst nel fermento del Novecento

“Grattage” e “Frottage” nelle nuove ricerche, la giovane arte di Giovanni Guida guarda a Max Ernst

Milano, ancora una volta, promuove l’arte, la cultura e la storia, dedicando una interessantissima mostra all’artista Max Ernst, maestro sperimentatore di tecniche e linguaggi, al quale ha guardato anche il giovane artista Giovanni Guida, soprattutto alle tecniche del “grattage” e del “frottage”.

Dichiara il sindaco Giuseppe SalaMilano ha l’onore di ospitare la prima retrospettiva su Max Ernst mai organizzata in Italia. La mostra, promossa e prodotta dal Comune di Milano con Electa, ripercorre tutta la carriera di questo genio multiforme, nato in Germania alla fine dell’Ottocento, e poi vissuto a lungo in Francia e negli Stati Uniti, dove si era rifugiato dopo esser stato internato dai nazisti. Max Ernst è stato uno degli artisti più innovativi del Novecento, secolo che ha contribuito a rivoluzionare guidando movimenti quali il dadaismo o il surrealismo. Attraverso le oltre quattrocento opere esposte a Palazzo Reale, provenienti da prestigiosi musei, fondazioni e collezioni private italiani ed esteri, i visitatori saranno coinvolti in un percorso carico di innovazioni artistiche così come di sguardi illuminanti sulle tragedie del Novecento, come la Prima, la Seconda guerra mondiale e il nazismo, vissute in prima persona da Ernst. La carrellata di innovazione e visionarietà offerta dalle opere di Max Ernst rappresenta un appuntamento imperdibile per chi ama l’arte, la storia e vuole comprendere la realtà attraverso il genio umano. Questa mostra dà ancora più lustro alla proposta di Palazzo Reale, e rende Milano e il suo sistema museale sempre più protagonista della cultura italiana”.

Afferma inoltre l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi: “La mostra, grazie all’importante numero di opere e documenti, in alcuni casi esposti al pubblico per la prima volta, dopo diversi decenni di assenza, descrive la figura di uno degli artisti cardine delle avanguardie del Novecento che tuttavia, per l’insieme d’interessi spazianti dall’arte alla filosofia, dalla letteratura alla psicologia, dalla scienza all’alchimia, ha avuto a buon titolo un’attitudine da umanista nel senso rinascimentale del termine. Sarà un viaggio quindi tra stupore e meraviglia quello che i visitatori di Palazzo Reale avranno l’occasione di intraprendere addentrandosi tra le costellazioni di simboli e i mondi visionari ed eterogenei che Max Ernst seppe creare, viaggio accompagnato infine anche da questo volume che auspichiamo potrà fungere da contributo per il continuo evolversi degli studi sull’autore”.

Si può quindi approfondire il lavoro di Max Ernst (1861-1976), pittore, scultore, poeta e teorico dell’arte, sperimentatore di molte forme espressive vicine alle correnti del Surrealismo e del Dadaismo, fino al 26 febbraio 2023; un viaggio tra dipinti, disegni, sculture, fotografie, collages, gioielli, libri illustrati, settant’anni di storia del XX° secolo, una vita spesa per l’arte e la cultura. Tutto abilmente evidenziato con opere e documenti ordinati ed esposti dai curatori Martina Mazzotta e Jürgen Pech, in collaborazione con Madeinart; mostra promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura e Palazzo Reale e accompagnata da un catalogo edito da Electa, da una guida e da una nuova edizione, sempre di Electa, di due opere fondamentali di Paola Dècina Lombardi sul movimento surrealista: Surrealismo 1919-1969. Ribellione e immaginazione e la donna, la libertà, l’amore. Un’antologia sul surrealismo.

Il percorso espositivo mette in evidenza e segue la biografia dell’autore, 4 periodi suddivisi in 9 sale tematiche. Veniamo subito accolti all’ingresso da un’opera del 1922 “Oedipus Rex”, proseguiamo nelle prime due sale, “La rivoluzione copernicana” e “All’interno della visione”, dedicate alla prima parte della vita dell’artista, l’infanzia e la formazione in Germania tra il 1891 e il 1921.

La terza e quarta sala, “La casa di Eaubonne” e “Eros e metamorfosi”, ripropongono la seconda parte della biografia, nella Francia tra il 1922 e il 1940, la sua vita e la sua casa tra amore, amicizia ed erotismo, le importanti collaborazioni e le sperimentazioni che portano all’affermazione del Surrealismo, ma anche l’avvento del nazismo che lo vede esiliato negli Stati Uniti.

A questo periodo che copre dal 1941 al 1952 sono dedicate le sale, quinta “I quattro elementi (foreste/terra, uccelli/aria, mare/acqua, orde/fuoco)”, sesta “Natura e visione”, settima “Il piacere di creare forme (Gestaltungslust)” e all’elaborazione delle tecniche del frottage, grattage, decalcomania e anche del dripping, avendo conosciuto Pollock e l'arte informale americana. Si conclude con il ritorno in Europa ricco di nuove idee, tra il 1953 e il 1976, con le sale ottava e nona, “Memoria e Meraviglia” e “Cosmo e crittografie”, dove si ritrovano passato e memoria e la visione del cosmo e delle stelle.

Era il 1925 quando Max Ernst, osservando un antico pavimento di legno si accorse di tutte striature provocate dallo sfregamento di oggetti, appoggiò su questo un foglio di carta e fece un rilievo usando una mina di piombo, era il procedimento del frottage che utilizzò e trasformò in una interessante tecnica artistica. Un metodo, questo, che permette di ottenere immagini casuali e di grande suggestione. Spiegò Ernst: “Il procedimento del frottage applicato mediante tecniche appropriate, escludendo cioè ogni influenza conscia della mente (ragione, gusto, morale) e riducendo al minimo il ruolo attivo di colui che si suol definire "l'autore", non è altro che l'equivalente di una sorta di scrittura automatica. Il ruolo dell'artista si riduce così al potenziamento delle allucinazioni della mente ed egli è semplicemente lo spettatore, colui che contempla il farsi stesso della propria opera».

Già Leonardo da Vinci evidenziò come la mente d’artista poteva trasformare un segno casuale su una parete in un’immagine, tanto da fargli scrivere: “Egli è ben vero che in tale macchia si vedono varie invenzioni di ciò che l'uomo vuole cercare in quella, cioè teste d'uomini, diversi animali, battaglie, scogli, mari, nuvoli e boschi ed altre simili cose; e fa come il suono delle campane, nelle quali si può intendere quelle dire quel che a te pare. Ma ancora ch'esse macchie ti dieno invenzione, esse non t'insegnano finire nessun particolare. E questo tal pittore fece tristissimi paesi”.

Due anni dopo, nel 1927 Ernst pensò di applicare questa tecnica alla pittura ad olio, diventando così il grattage che consiste nel grattare con l’utilizzo di vari strumenti lo strato di pittura per evidenziare quello sottostante, ottenendo un effetto cromatico e pittorico molto interessante. Il gesto del levare, nel suo simbolismo, ci richiama il fare di Michelangelo Buonarroti, che nel togliere la materia liberava l’immagine, come appare nei Prigioni, egli infatti così si espresse: “Io intendo scultura, quella che si fa per forza di levare: quella che si fa pervia di porre, è simile alla pittura: basta, che venendo l'una e l'altra da una medesima intelligenza, cioè scultura e pittura, si può far fare loro una buona pace insieme, e lasciar tante dispute; perché vi va più tempo, che a far le figure".

Giovanni Guida continua la sperimentazione di Max Ernst e la evolve, usando come strumenti oggetti del contemporaneo quali spugne, spazzole in acciaio, stiletti, bisturi, punte, lamette, piccoli blocchi metallici e alcune resine speciali che impediscono agli strati pittorici di legarsi tra loro. Pone al centro il gesto e il valore del segno, il colore e la luce, indirizzando la sua ricerca nel superamento della forma per un linguaggio astratto.

L’uso della tecnica del grattage lo porta a produrre superfici pittoriche che, lacerando la materia superficiale evidenziano lo strato sottostante, quasi voler togliere il velo delle apparenze per la verità; una continua ricerca interiore, così come lui stesso ebbe a dire in una intervista rilasciata per Italiani.it: "Nei miei graffi è insito il principio determinante dell’individualità (il principio individuationis), un segno della diversità, la capacità di penetrare la “pelle” della pittura, fino ad arrivare al fondo delle sue viscere e, nella frammentazione luminosa del colore, riuscirne a catturare l’intima essenza. Nei miei grattages, i profondi graffi creati esaltano i colori brillanti degli strati pittorici sottostanti e creano contrasti cromatici e forti chiaroscuri, sottolineando l’importanza della tensione tra gesto e plasticità all’interno del processo creativo». E ancora «Vorrei sperimentare il volo verso l’immateriale dall’artista francese Yves Klein. Egli utilizzò il blu (International Klein Blue, una tonalità di colore blu oltremare molto profondo) come componente centrale delle sue opere (il colore si trasforma efficacemente in arte): un viaggio verso il vuoto, l’invisibile, l’unione tra cielo e terra alla ricerca di un abbraccio cosmico".

L’artista nasce ad Acerra nel 1992, da alcuni anni si è stabilito a Cesa (Caserta). Il suo è il classico percorso artistico, Liceo Artistico ad Aversa e Accademia di Belle Arti a Napoli, nella scuola di Pittura, dove affronta, perfezionandole, le più antiche e attuali tecniche pittoriche. Da subito fa sue le tecniche del grattage e del frottage, diventate espressione del suo fare arte, la prima ci stupisce con effetti di colore e segni ottenuti grattando le sovrapposizioni di cromie, quasi a voler togliere il velo che cela (chiaro il riferimento a Schopenhauer e al suo velo di Maya che rappresenta ciò che nasconde la realtà delle cose e solo strappando il velo l’uomo può conoscere il mondo). L’altra ci incuriosisce per tutti gli effetti e le immagini che casualmente affiorano sulla superficie del foglio o della tela.

A soli 23 anni, nel 2015 pubblica un libro illustrato dal titolo “Caesarius Diaconus”, del 2018 è l’opera “Apotheosis” riprodotto sulla copertina del catalogo della Biblioteca Pubblica di València per il Festival della Filosofia e della Letteratura “Avivament”, del 2019 “E guarirai da tutte le malattie... ed io, avrò cura di te” realizzata in occasione della pandemia di Covid-19; il 2020 lo trova impegnato in “Apoteosi di Dante Alighieri a Firenze: l'Amor che move il sole e l'altre stelle”, per il 700° anniversario della morte del poeta fiorentino.

Ha ottenuto importanti riconoscimenti, di notevole interesse sono le pubblicazioni sul suo lavoro.

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