La grazia di un mondo "antico" (e ormai in disuso)

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La grazia di un mondo "antico" (e ormai in disuso)
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Gentile dottoressa, mi chiamo Virginia, ho 50 anni, lavoro nell’azienda di famiglia. Inizio questa mia ricordando mia mamma, che mi raccontava sempre storie di campagna, popolate di fate, streghe, gufi e gatti neri. Ma anche di anime gentili e principi azzurri. E io uno l’ho incontrato, di principe, anni fa, quand’ero giovane e bella, visitando un mulino della mia zona. Ci siamo innamorati e lui (che è il nipote di un famoso mugnaio diventato molto ricco), un giorno prima di sposarci, ben sapendo che ero contraria, mi ha spinto contro il sacco della farina fina e mi ha convito a fare l’amore. In fondo, in fondo, anche se adesso ci rido sopra, non gliel’ho mai perdonata. E questo mio sentimento, ammetto anche un po’ esagerato, l’ho trasferito sulle mie figlie, tre, tutte bellissime e corteggiate; a loro dico sempre che arrivare al matrimonio «a posto» è importante, così aveva fatto mia nonna, così aveva fatto mia madre, così ho (quasi) fatto anche io. Quando propongo questi discorsi mi deridono, dicono che sono più che vecchia, che ormai queste cose non esistono più. Ebbene, io resto della mia idea, ma sono disposta a parlarne, con una persona adatta, e non con le mie giovani figliole scapestrate; chissà che cosa hanno combinato e che non mi dicono. La più piccola mi ha confidato che diverse ragazze della zona l’amore col moroso l’hanno già fatto... io allargo le braccia e scuoto la testa. Ripeto che il mondo andava meglio quando si seguivano di più i valori e la donna veniva più rispettata. Mi dica la sua opinione sulla mia visione delle cose. Quello che penso è tutto da buttare?

Virginia
Cara Virginia, non solo non è affatto da buttare quello che pensa, ma devo dirle che, malgrado i suoi cinquant’anni, lei mi catapulta in un delizioso mondo «antico», fatto di termini, pensieri, convinzioni ormai in «disuso» ma che hanno costruito la generazione delle nostre mamme e un po’ anche la nostra. Ora, pensare che una delle sue figlie possa arrivare «illibata» al matrimonio (con tutto il rispetto per le sue figlie) mi pare anacronistico quanto perdere la verginità sopra a un sacco di farina fina.

Ma trovo che lei abbia tutti i diritti di continuare a portarsi nella vita con le direttive che la guidano e la rassicurano da sempre. Forse, se si fosse adeguata del tutto a questo «nuovo» mondo, non sarebbe più toccata dalla straordinaria grazia con la quale maneggia qualunque cosa, a partire da questo racconto.

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