Stefano D'Orazio, svolta nel testamento: Francesca Michelon è figlia legittima. "Contro di me una guerra inimmaginabile"

A sinistra Francesca Michelon, a destra il padre biologico Stefano D'Orazio
A sinistra Francesca Michelon, a destra il padre biologico Stefano D'Orazio

Dopo un lungo periodo di silenzio, Francesca Michelon – riconosciuta legalmente dal tribunale di Roma come figlia di Stefano D’Orazio, storico batterista dei Pooh – ha deciso di raccontare la propria versione dei fatti. Lo ha fatto attraverso un post pubblico su Facebook, in cui affida ai social uno sfogo personale legato a una vicenda che continua a segnarla profondamente. Un racconto diretto, scritto per fare chiarezza dopo anni di illazioni, voci e supposizioni.

Le sue parole

"È una battaglia che va ben oltre ciò che avrei mai potuto immaginare", scrive la 40enne, di professione web designer. "Era giunto il momento di dire le cose come stanno", prosegue, sottolineando il peso emotivo e umano di una situazione che per lei resta ancora aperta e dolorosa.

L'eredità

La “guerra” di cui parla la Michelon sarebbe iniziata dopo la sentenza emessa lo scorso aprile dal Tribunale di Roma, che ha chiuso – almeno in primo grado – un lungo e delicato procedimento giudiziario durato oltre un decennio. Il verdetto ha riconosciuto ufficialmente la sua paternità, confermata da una prova scientifica definitiva: il test del DNA ha stabilito senza margini di dubbio che Stefano D’Orazio, il celebre batterista dei Pooh, è il padre biologico di Francesca.

Durante la sua vita, Stefano D’Orazio non aveva mai riconosciuto Francesca Michelon come figlia, nata da una relazione con Oriana Bolletta, all’epoca sposata con Diego Michelon. È stata la recente sentenza del tribunale a fare chiarezza sulla verità biologica, stabilendo la paternità del musicista. Il pronunciamento non solo ha riconosciuto ufficialmente Francesca come figlia legittima, ma ha anche invalidato il testamento lasciato da D’Orazio, che indicava come unica erede la moglie, Tiziana Giardoni. Alla Michelon spetterebbe ora la metà del patrimonio del batterista, oltre a un risarcimento di 60 mila euro per il danno biologico riconosciuto dai giudici.

Il ricorso della moglie di D'Orazio

Nel suo post, Francesca Michelon chiarisce anche il motivo che l’ha spinta a rompere il silenzio proprio ora. Lo fa spiegando che contro di lei è stato presentato un ricorso in appello, una mossa che – a suo dire – stravolge completamente la narrazione dei fatti. "Ora è stato promosso contro di me un appello. E la versione fornita va ad invertire totalmente le parti, al contrario di quanto è stato detto negli ultimi dieci anni… Questo - scrive sempre Michelon - è uno schiaffo morale alla mia storia esistenziale lunga 20 anni".

Il lungo sfogo

Francesca Michelon sceglie di non tacere. Il suo lungo post su Facebook assume i toni di un vero e proprio racconto autobiografico, in cui ripercorre tutta la sua vicenda, come un memoriale. Parte dal 2006, l’anno in cui scoprì che l’uomo che l’aveva cresciuta non era il suo padre biologico. Quel ruolo, invece, apparteneva a una figura ben più nota: Stefano D’Orazio. Francesca ricorda i primi approcci, inizialmente cauti, poi gli incontri – pochi e distanti – e i tentativi, purtroppo vani, di costruire un legame stabile. Dopo anni di silenzi e distanza, la decisione di intraprendere un’azione legale è arrivata come ultima possibilità per ottenere un riconoscimento che per lei andava ben oltre il piano giudiziario.

"La prima volta che ci incontrammo - scrive Francesca - lui mi disse: Ringrazia tua madre se sei viva, io le avevo proposto una crociera per liberarsi di te, menomale che non ha accettato! Per me si trattava di un’uscita divertente fatta per sdrammatizzare, avevo 21 anni. Ricordo di avergli detto che lo capivo, che non serbavo rancore. Il nostro primo incontro si era concluso con grandi sorrisi e la promessa di volerci conoscere meglio, senza alcun rancore". L'ultima telefonata tra i due avviene, secondo il racconto di Francesca, nell'agosto 2007.

Nessuna risposta

"La legge di allora dava il diritto ad un figlio biologico di promuovere azioni legali per il riconoscimento, entro il primo anno dalla scoperta della verità. Io non lo sapevo e per questo, per circa 3 anni, avevo continuato a provare a sentirlo per fargli gli auguri di Natale e Pasqua, o semplici saluti. Ma senza successo. Non mi ha mai più risposto, neppure al telefono".

Non per soldi

Un punto a cui Francesca tiene particolarmente è il racconto di un episodio che ferì la ragazza in modo profondo: "Mio padre disse in TV che tra i suoi più grandi rammarichi nella vita c'era proprio quello di non aver avuto figli. Quelle sue dichiarazioni erano come pugnalate- continua - Ho passato 3 anni ad essere mortificata... quindi nel 2010 gli ho fatto recapitare una lettera scritta da un avvocato... ho ricevuto solo l'invito a lasciar perdere. Poi ho deciso di intraprendere la mia azione legale. Non per soldi, non per fama ma perché, crescendo, ho compreso che un figlio non si rifiuta così".

Gli insulti ricevuti

Nel lunghissimo post c'è anche spazio per raccontare tristemente gli insulti ricevuti: "Mi sono sentita dare della approfittatrice, della parassita... Avrei potuto approfittare di questa mia vicenda. Ma non l’ho mai fatto , grazie al cielo ho una bella vita e un lavoro che amo. Ma è anche vero che ho subito un danno esistenziale su cui nessuno dovrebbe sindacare".

Il post si chiude parlando della moglie di D'Orazio senza però mai nominarla: "La persona che oggi è contro di me è subentrata in una vicenda nata molto prima del suo arrivo nella sua vita, e che, quindi, non parla per esperienze dirette ma per sentito dire. È stata intrapresa una guerra contro di me che va ben oltre ogni immaginabile previsione - aggiunge Francesca- è stato promosso contro di me un appello e la versione fornita va ad invertire totalmente le parti, al contrario di quanto è stato detto negli ultimi dieci anni. Questo è uno schiaffo morale alla mia storia esistenziale lunga 20 anni...

non posso davvero accettare che vengano ribaltate le carte in questo modo. È troppo doloroso. Dovrebbero esserci dei limiti dettati dal buon senso da non superare.Ma quei limiti sono stati superati. E io non ce la faccio più".

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