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Quel vizietto rischioso di Bergoglio, bombe sul Pd e Soumahoro: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: Giuseppe Conte usa Bari per colpire Elly Schlein, il caso Tarquinio e i gli scioperi contro Sala

Quel vizietto rischioso di Bergoglio, bombe sul Pd e Soumahoro: quindi, oggi...

- Un uomo scopre il tradimento della moglie grazie alla spifferata del pappagallo che ripeteva, a pappagallo appunto, il contenuto delle telefonate malandrine di lei all’amante (“vieni, mio marito non c’è”). Uno spende migliaia di euro in videocamere nascoste e microspie e poi scopre che basta farselo raccontare dall’uccellino. Meraviglioso.

- L’intervista del Corsera dell’ex direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, persona che in Vaticano sa e ha visto diverse cose, è molto interessante. E riguarda il vizietto di Papa Francesco di "improvvisare", di farsi intervistare, ma anche - aggiungiamo noi - di far parlare di sé molto per le cose del mondo e un po’ meno per l’alta teologia profusa. Secondo Vian le interviste sono pericolose perché c'è "il rischio di dire le stesse cose o magari contraddirsi". Ma a colpire sono le frasi sulla corte di Bergoglio (pare temano di fargli notare gli errori che commette “per paura di irritarlo”) e soprattutto quelle su papa Ratzinger, dal cui fantasma Francesco non sembra essersi ancora liberato. Per Vian, l’attuale pontefice è “sovrastato psicologicamente” dalla “statura” del predecessore, una “figura intellettuale” con cui dover fare i conti e con cui forse non si sente all’altezza. E se lo dice lui...

- Tutti a scannarsi per Tarquinio nelle liste Pd, oggi pure Casini si iscrive al festival del commento. Ma la domanda è: siamo sicuri che l’ex direttore di Avvenire rappresenti davvero "una sensibilità diffusa nel mondo cattolico”?

- Un uomo si sottopone ad un intervento per ingrandire il pene e diventa impotente. Bella scelta del…

- Per la quinta volta la prefettura di Milano ha differito uno sciopero indetto dai vigili urbani contro le richieste del sindaco Sala. Non entriamo nel merito delle querelle sindacali, chi se ne frega, ma facciamo notare che quando Salvini precettò la Cgil a sinistra vennero quasi giù i muri per "l’ignobile attacco alle libertà sindacali". Per i ghisa in guerra con Sala, silenzio tombale. Chissà come mai.

- “Il premio Nobel Giorgio Parisi ha detto subito, convintamente, di sì”. È l’incipit del pezzo di Repubblica sull’appello degli scienziati a favore della sanità pubblica. Parisi però è un fisico. Esperto di fisica. Nobel per la fisica. Non un medico. Quindi se fa appelli sulla sanità, sinceramente, chi se ne frega?

- Ps: casualmente si svegliano tutti oggi, dopo 20 anni di tagli alla sanità.

- Pps: buona parte dei 14 firmatari dell'appello lavora in cliniche private. Anziché vergare inutuli raccolte firme, sarebbe forse stato più coerente restare nel pubblico a guadagnare di meno. No?

- Se Salvini fa il Salvini, lo definiscono buzzurro. Se si modera e “smette i panni dell’estremista sbruffone”, come scrive Flavia Perina, lo criticano perché “ostenta un’ordinaria umanità”. Ditegli, poraccio, che deve fare: seppellirsi sotto la sabbia?

- Un giornalista chiede a Carlo Rovelli, fisico di nota fama nonché pacifista convinto, se impedire di parlare a Molinari e Parenzo in Università sia una contestazione legittima. Risposta: “Chiedere che non parlino non è certo togliere la parola a qualcuno”. Sono una capra in scienze e delle Sette brevi lezioni di fisica non ricordo un fico secco, però questa frase mi sembra abbia senso solo nel mondo quantistico. Impedire a chicchessia di parlare, anche a Rovelli, è sempre espressione della peggior intolleranza. Le idee si contestano, non si silenziano.

- Il miglior racconto sulla guerra in Ucraina e sulla decisione di Zelensky di ridurre l’età di arruolamento lo fa Domenico Quirico. Scrive: “Quello che doveva essere una conflitto di materiali, di tecnologie, di modernità omicide si deciderà dunque sulla matematica più brutale e preistorica, il numero di uomini che si possono gettare nella mischia”. E qui l’Ucraina è nei guai.

- Dopo Carla Bruni e la sorella Valeria, adesso anche la madre concede un’intervista alla Stampa. La prossima volta suggerisco una bella riunione di famiglia a porte chiuse e vedrete che i problemi si risolvono prima senza frastagliare la pazienza dei lettori.

- Il famoso “diritto all’eleganza” di cui parlava Soumahoro, cioè le borse costose e gli abiti di lusso mostrati dalla consorte, finiscono in tribunale. Moglie, suocera e cognati del deputato con gli stivali sono stati rinviati a giudizio per le note questioni delle cooperative dell’accoglienza. Fino a prova contraria, però, sono innocenti. Quindi non ci uniremo al coro di chi festeggia: bisogna aspettare il procedimento, le analisi difensive, la sentenza e poi ne parleremo. Però ridacchieremo ancora un po' all'idea dei vari Zoro, Damilano e Bonelli che pensavano di aver scovato la gallina dalle uova d'oro elettorali e si ritrovano con un bidone.

- Applichiamo il principio garantista anche all’assessora regionale del Pd, Anita Maurodinoia, indagata per quella brutta storia di presunti voti comprati. Ha sbagliato a dimettersi, a meno che non sappia di essere colpevole, perché per principio giuridico resta innocente fino a prova contraria. Diverso il discorso per i dem, che hanno finito giusto oggi di chiedere le dimissioni del ministro Santanché per questioni giudiziarie e già si ritrovano nella spiacevole condizione di finire nel tritacarne mediatico dei sospetti di mafiosità e corruzione elettorale. Ce ne vuole per essere così sfigati.

- Non è carino, da parte di Elly Schlein, dichiarare che questo Pd “che stiamo ricostruendo” non tollera “i voti comprati”. Perché sembra quasi stia dicendo che la dirigenza di prima era a tal punto derelitta da approvare certi comportamenti.

- Il caos di Bari dà l’occasione a Giuseppe Conte per dichiarare lo scacco alla Regina Schlein. M5S e Pd avrebbero dovuto procedere alle “primarie di centrosinistra”, prima formula per un’alleanza seria del Campo largo, ma alla prima inchiestina Giuseppi fa crollare tutto e sgancia la bomba. La verità è che il capo del M5s sta lanciando l’assalto alla leadership del centrosinistra, ponendosi come l’unico baluardo alla legalità di fronte ad un Pd alla deriva tra accuse di mafiosità (vedi il precedente caso Decaro) e di compravendita dei voti (vedi gli arresti odierni).

Inutilmente i dem si fingono scandalizzati per “l'incomprensibile” scelta di uscire dalle primarie, ma Elly sa benissimo che l’obiettivo sono le europee, non Bari: se a Giuseppi riuscisse il miracolo di superare il Pd, per Schlein sarebbero davvero guai.

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