Politica

Berlusconi: «È una guerra contro l’Occidente»

Fabrizio de Feo

nostro inviato a Gleneagles (Scozia)

Silvio Berlusconi non drammatizza. E di fronte alle nuove minacce firmate dall'estremismo islamico che piovono su di lui attraverso un sito Internet, fa capire che non si sente un bersaglio mobile. Questo non vuol dire, però, che il rischio di possibili azioni terroristiche contro l'Italia debba essere sottovalutato perché quella in corso è una vera e propria «guerra contro l'Occidente». «Sono considerato con Bush e Blair - le tre B - tra i più esposti ai rischi di questo tipo» spiega Berlusconi. «La minaccia non è nuova e io ci ho fatto l'abitudine, anche se non sottovaluto la minaccia stessa. È questo uno dei motivi per i quali sono state secretate alcune mie residenze». La ricetta del premier italiano è la stessa enunciata anche da Tony Blair poco prima, nella dichiarazione finale del summit di Gleneagles. Dalle bombe di Londra, sottolinea, viene la prova che è in atto «una guerra contro l'Occidente da parte di chi vuole dimostrare che noi siamo il male». La risposta è «resistere tutti insieme». Una scommessa che passa anche per la «lotta alla povertà», come deterrente per togliere spazi al terrorismo che coopta adepti anche tra le sacche sociali più povere del mondo. Nella classifica dei Paesi a rischio l'Italia, secondo il presidente del Consiglio, non occupa una posizione particolare. «Il nostro Paese è esposto al rischio di attentati terroristici, come tutti gli altri Paesi europei occidentali. È capitato alla Spagna. È capitato alla Gran Bretagna. Potrebbe capitare anche a noi, come potrebbe capitare anche ad altri Paesi. Non dimentichiamo che sono stati sequestrati ostaggi francesi nonostante la Francia non sia intervenuta in Irak». Il premier rivela di aver avuto contatti con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, nel corso della giornata. E aggiunge che in Italia è scattato il rafforzamento di tutte le misure di sicurezza. «C'è un'allerta a tutto campo su tutti gli obiettivi sensibili, così come hanno fatto tutti gli altri Paesi occidentali». Il Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico, aggiunge il presidente del Consiglio, ha fatto oggi una panoramica delle misure in essere per la sicurezza decidendo di «irrobustirle». «Nella sostanza non c'è nulla di nuovo - prosegue - perché lo stato di allerta c'è sempre stato a partire dal 2001. Per quanto riguarda gli obiettivi sensibili saranno rafforzate le misure di sicurezza in Italia presso le scuole inglesi, gli uffici di corrispondenza dei giornali britannici e tutte le altre sedi che sono in collegamento con questo Paese». Berlusconi avverte però che non c'è una «svolta» nelle misure di sicurezza dopo gli attentati di Londra. «Non credo possa esserci - spiega - per il semplice fatto che, per quanto possano essere elevati i livelli di sicurezza, la prevenzione totale risulta se non impossibile quanto meno difficilissima». Da qui la considerazione che un attacco «potrebbe capitare anche a noi». Il premier dedica gran parte della conferenza stampa post-G8 al tema del terrorismo: uno sbocco inevitabile, dal momento che questo summit è stato segnato indelebilmente dalle vicende di Londra. «Il vertice è terminato in un clima terribile - dice - dopo quello che è successo. E se non c'è stata una reazione immediata nella lotta al terrorismo, come avevamo annunciato, ciò è stato deciso per non dare soddisfazione a chi ha organizzato gli attacchi». Per il resto, gli otto Grandi hanno lavorato in un «clima positivo e di grande cordialità», dice ancora Berlusconi, citando le intese raggiunte. Un quadro all'interno del quale l'Italia ha confermato il taglio del debito per i Paesi poveri con una esposizione dal 2001 ad oggi di oltre 3 miliardi e 100 milioni di dollari (nel 2006 la cifra complessiva dovrebbe superare i 4 miliardi). Berlusconi esprime, inoltre, soddisfazione per il cosiddetto «Piano Marshall» a favore del Medio Oriente, con lo stanziamento di 3 miliardi di dollari da destinare soprattutto agli abitanti della striscia di Gaza.

Un sentimento non casuale visto che fu proprio lui a chiedere per primo l'impegno della comunità internazionale su un progetto di questo tipo, così da ancorare saldamente i palestinesi al sentiero della pace e della prosperità.

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