Calcio

Leao "sbarca" in libreria. "Io, il Milan e il razzismo"

L'attaccante portoghese ha presentato la sua autobiografia, disponibile in tutte le librerie, in cui ripercorre la sua carriera, dall'approdo al Milan agli episodi di razzismo in alcuni stadi

Leao "sbarca" in libreria. "Io, il Milan e il razzismo"

Sincero, diretto, a volte spavaldo come nelle sue discese funamboliche che infiammano San Siro, Rafael Leao ha deciso di raccontarsi nella sua autobiografia ("Smile. La mia vita tra calcio, musica e moda", Piemme), uscita in tutte le librerie.

Un racconto in cui l'attaccante del Milan apre il suo mondo ai lettori, tra vita privata, calcio e musica. Dalla storia personale alle passioni, passando per vittorie, persone, aneddoti e temi delicati, la stella portoghese svela alcuni lati poco noti di sé. Con quella maniera tutta sua di affrontare la vita e il calcio a ritmo di rap.

Il caso Maignan e il razzismo in Italia

Uno degli argomenti più toccanti è il razzismo e il primo riferimento è a Mike Maignan, vittima di insulti nella trasferta di Udine:"Un fatto assurdo e gravissimo. E anche quando ho visto Lukaku essere ammonito dopo aver festeggiato in faccia ai tifosi razzisti della squadra avversaria mi sono arrabbiato tantissimo".

Il discorso sulla questione razzismo continua nelle pagine successive: "Non credo che l’Italia sia un Paese razzista, in questa nazione sono diventato un uomo, un grande calciatore e un professionista. Ma credo che le istituzioni sportive siano ancora molto indietro, e questo accade anche in tutto il resto dell’Europa. Spostare continuamente la responsabilità sul soggetto, chiedersi: 'Lui cosa ha fatto per provocare?' è il miglior assist possibile che si possa fare a un razzista. È successo al mio amico Mike e a Moise, prima ancora a Balotelli e continuerà a succedere fino a quando non sapremo cosa fare per fermarli".

"Cosa mi disse Maldini..."

Uno dei passaggi di "Smile" analizza il rapporto con Paolo Maldini, ex direttore dell’area tecnica rossonera: "Appena arrivato mi prese da parte e mi disse: 'Tu giochi per il tuo Instagram, questa cosa deve cambiare, altrimenti continuerai sempre a fare due gol a stagione'. Era in parte vero: ero un giovane talento arrivato in una delle squadre più forti del mondo, non volevo fare altro che mettermi in mostra. Quindi sì, Maldini aveva ragione e faceva bene a parlarmi in quel modo. Se non si fosse rivolto così a me probabilmente non avrei imparato".

Sull'addio della bandiera rossonera invece: "Be', la verità è che non so cosa sia successo, so che da un giorno all’altro è andato via e tutti noi siamo rimasti spiazzati. Sicuramente abbiamo perso un pilastro che però è stato sostituito da altri grandi professionisti come Furlani e Moncada, e ora anche con il contributo di Zlatan".

"La svolta da Giampaolo a Pioli..."

Diverse pagine del libro sono dedicate al rapporto con gli allenatori, a partire da Marco Giampaolo, l'allenatore del suo primo anno in rossonero, con cui non è mai scoppiato il feeling."Tra me e mister Giampaolo non c’era praticamente alcun tipo di rapporto, non ci parlavamo, ero da poco a Milano e per un calciatore come me, a diciannove anni, ambientarsi era la prima sfida da affrontare".

I problemi riguardarono anche la collocazione in campo: "Fin da subito avevo degli obiettivi, ma non è stato facile, il mister non aveva capito come inserirmi in campo e con lui avevo un rapporto freddo; saluti formali ad allenamento e nient’altro, la difficoltà a comunicare che si aggiungeva a quelle della squadra in campo. Giocavamo male, io poco, e dopo qualche partita il mister è stato esonerato".

Un passaggio importante è dedicato a Stefano Pioli: "All’inizio non eravamo in sintonia, ricordo una sua conferenza stampa che mi aveva infastidito, in cui aveva detto cose che secondo me non doveva dire, di cui doveva discutere prima davanti alla squadra. C’è voluto tempo prima che capissimo come relazionarci, lui intanto ha avuto la bravura di trovare il miglior modo per far giocare me e la squadra. Mi ha messo nelle condizioni di poter fare la differenza e così ci siamo avvicinati".

Un legame cresciuto col tempo: "Mister Pioli spesso ha detto che con me ha parlato tanto, è vero, mi ha aiutato e mi ha dato sempre fiducia. Sono uno dei calciatori che è stato più tempo nel suo ufficio ma anche quello che ha giocato più minuti in ognuna delle ultime stagioni. Credo che le due cose siano collegate, che abbiano formato un legame e ho sempre pensato di dover ripagare questa fiducia".

Il legame speciale con Ibra

Trova spazio anche il rapporto con Zlatan Ibrahimovic, diventato pian piano un vero punto di riferimento per il portoghese: "Di certo ci sarebbero molte storie di spogliatoio da raccontare su Zlatan, rimarranno un segreto, ma posso garantire che lui è così come tutti lo hanno sempre visto. Dopo aver vinto lo scudetto, sul pullman di ritorno da Sassuolo, Ibra ha preso il microfono e ha fatto un commento su ciascun giocatore: di me ha detto che ero il presente e il futuro del Milan, che mi voleva bene e che in futuro sarei stato io che avrei dovuto spingere la squadra verso altri trofei".

Eppure all'inizio l'impressione sulla stella svedese non era delle migliori: "Devo confessare che anche io all’inizio pensavo che Ibra facesse il personaggio e che avesse costruito la sua personalità sul mito, sull’esagerazione e su un’arroganza anche eccessiva, fino a quando non l’ho conosciuto davvero".

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