Lo sguardo vitreo, smarrito tra nugoli di pensieri avvilenti, scendeva dietro alle palpebre comprimendo i nervi. Ogni folata avversaria incideva un morale già sanguinante. E lui, che in Italia aveva la stessa confidenza con le disfatte di un connazionale con la pizza all’ananas, trangugiava mesto. Antonio Conte aveva appena lenito i malanni fisici e tornava in panchina, sfidando l’oscillante Leicester, per completare la guarigione. Dopo la bella prova dei suoi contro il galattico Manchester City, un nuovo successo sarebbe stato balsamo per la mente e iniezione convincente per lambire con i polpastrelli il vagone della Champions. Invece gli Spurs partono bene, la sbloccano, poi si liquefanno.
La domanda pare dunque legittima: il Tottenham è quello, puntuto ed efficace, visto contro i Citizens o assomiglia piuttosto alla combriccola che si è fatta infilzare a ripetizione dai ragazzi di Brendan Rodgers? La risposta sta agganciata probabilmente a mezza altezza. Per lo svolgimento adesso si aspetta la coppa dalle orecchie prominenti. L’interrogazione milanese – contro una rivale che non se la passa certo meglio – sbroglierà parzialmente la matassa.
Spurs, i lati vulnerabili
La somiglianza tra l’appannamento del Tottenham e le sbandate del Milan pare, a tratti, surreale. Relativamente recenti in entrambe le circostanze, caratterizzati da allentamenti di tensione che esitano in dolenti imbarcate, acutizzate dal momento svilente dei rispettivi leader. Ma se i malanni rossoneri ci sono più noti, quelli che si concentrano nel nord di Londra – certo non sulla sponda Arsenal – ad alcuni possono risultare meno evidenti. Conte, che propone un inevitabile 3-4-2-1 da inizio stagione, prova sempre ad uscire palla a terra da dietro, ma le capacità di palleggio di retroguardia e mediani non sembrano circensi. Un pressing sincronizzato potrebbe costringere gli Spurs a sparare lungo. In questo caso, se Harry Kane si è svegliato con il piede sbagliato, i palloni smarriti si moltiplicano. Non aiutano la scarsissima vena di Son, per solito un fattore determinante, né l’intermittente bagliore generato da Kulusevski. I ricambi poi, non sembrano all’altezza delle prime linee.
Nuovi acquisti al rallenty e il nodo infortuni
Contro il Milan non ci saranno Lloris e Bentancur: due assenze che pesano come macigni. L’estremo difensore francese distribuisce da anni prestazioni di fulgido spessore. Forster non è la stessa cosa. L’uruguagio era cresciuto notevolmente. Accanto al mastino Hojbjerg dipingeva geometrie inedite e trovava sovente la via del gol: il cugino abile di quel discreto giocatore visto alla Juve, insomma. Gli innesti di gennaio, inoltre, non sembrano fino a qui in grado di supplire alla pretesa tecnica richiesta da Conte e offerta solo dai titolarissimi. La prestazione di Pedro Porro contro il Leicester è stata sconcertante. Danjuma invece ha talento da vendere, ma gli serve tempo per adattarsi. Quel che ne esce è un dipinto screziato.
Kane e soci, acuti senza preavviso. E occhio alle palle inattive
Sbiaditi, certo, ma potenzialmente letali. Al King Power Stadium si è scorto un marchio di fabbrica di questa stagione: gol su palla inattiva, l’ennesimo. Quando il gioco langue, corner, punizioni e finanche le rimesse laterali diventano occasione mortifera. Conte, che non lascia nulla di intentato più o meno dalla terza elementare, ha cercato di correggere la curva del destino ingaggiando Gianni Vio, lo stregone italico della materia. I risultati sono tangibili. Accanto a questo, quando si ricorda di giocare a calcio, il Tottenham sa essere abrasivo. Le ripartenze in agilità restano uno dei pezzi forti della casa, ma sono specialmente gli assoli dei singoli a strappare le sfide più bloccate. Davanti c’è pur sempre Harry Kane, il miglior marcatore nella storia del club. Heung Ming Son potrebbe risvegliarsi da un momento all’altro, tornando a giganteggiare. Richarlison è un concentrato di lucida follia. Perisic e Emerson Royal sanno come scavare solchi sulle fasce.
Kulusevski sfodera il suo repertorio balistico a intermittenza: devi sperare che sia giù di corda. Fosse stato il Diavolo antecedente al nuovo anno, il sentore della fiducia avrebbe prevalso. Così invece, malandati e un po’ intristiti, Pioli e Conte se la giocano ad armi pari.
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