Cinema

"Bussano alla porta". Un film che è un monito all’essere umano

Shyalaman torna con uno dei migliori film della sua carriera, non un semplice horror bensì un cupo e lucido appello al senso di responsabilità del singolo prima che si vada incontro all’ineludibile catastrofe

"Bussano alla porta". Un film che è un monito all’essere umano

Bussano alla porta” segna il ritorno all’eccellenza cinematografica del regista M. Night Shyamalan. Questo thriller psicologico apocalittico dall’incipit inquietante e dall’impianto teatrale, non solo garantisce tensione per tutti e cento i minuti della durata, ma muove riflessioni che non possono lasciare indifferenti.

Andrew (Jonathan Groff), Eric (Ben Aldridge) e la figlioletta adottiva Wen (Kristen Cui) sono in vacanza in uno chalet isolato quando dal bosco appaiono quattro sconosciuti armati e intenzionati ad entrare in casa: Leonard (Dave Bautista), Sabrina (Nikki Amuka-Bird), Adrianne (Abby Quinn) e Redmond (Rupert Grint). Una volta fatta irruzione e immobilizzata la famiglia, gli intrusi proclamano che è vicina la fine del mondo. Aggiungono però che ci sono alcune ore di tempo per evitarla, purché uno tra Eric e Andrew uccida un membro della famiglia. Non sarà facile convincere gli ostaggi che quel che dicono è vero.

La tensione sale tra scelte impossibili e dilemmi morali

Dopo un inizio finto-fiabesco, con la bambina che gioca allegramente nel bosco e viene interrotta da un individuo che ha le sembianze di un orco ma modi insolitamente gentili, “Bussano alla porta” assume le caratteristiche di un film home-invasion e poi cambia nuovamente genere rivelandosi un intricato horror a tema apocalittico. Adattamento del romanzo del 2018 La casa alla fine del mondo di Paul G. Tremblay, l’opera è anche una novella rivisitazione in salsa hitchcockiana dei temi biblici dell’Apocalisse di Giovanni. Scritto a sei mani dal regista con Steve Desmond e Michael Sherman, Bussano alla porta si rivela da subito più interessante e riuscito di “Old”. Shyamalan si conferma un innovatore, capace di uscire dai soliti stereotipi e meccanismi del cinema horror. Il crescendo di ansia è qui legato a doppio filo a un mistero ma anche a scelte impossibili e dilemmi morali. Il dubbio su cosa sia vero e cosa no coinvolge sia i protagonisti che lo spettatore.

Quattro cavalieri dell'Apocalisse vogliono salvare l'umanità

Era da Il miglio verde che non si vedeva un gigante buono come quello magistralmente interpretato qui dall’ex wrestler Dave Bautista. I quattro sconosciuti appaiono davvero dei fanatici religiosi fuori di testa che si sentono investiti della missione di salvare l’umanità eppure, in itinere, la loro richiesta di compiere un sacrificio per un bene superiore diventa a poco a poco meno astrusa. Si fanno largo suggestioni filosofiche e metafisiche, ci si interroga sull’inganno delle apparenze, su cosa significhi fare la cosa giusta, piegati emotivamente dal sopraggiungere di eventi che vanno oltre la logica. Si hanno poche e frammentarie informazioni sul passato e presente di questi atipici assalitori; ci sono precedenti circa atti di intolleranza omofobica a ingarbugliare quanto percepito dalla famiglia sequestrata e vengono mostrati notiziari televisivi a testimonianza delle avvenute profezie di questi novelli cavalieri dell’Apocalisse. Ad un certo punto arrendersi a ciò che è scientificamente inspiegabile diventa un’opzione percorribile.

Il proprio sacro scrigno familiare non è più un luogo sicuro

Tutto è orientato a porre lo spettatore di fronte a un cambio di prospettiva che gli riveli qualcosa che lo riguarda da vicino e su cui riflettere. I sette personaggi in scena, verosimili pur se coinvolti in situazioni a dir poco estreme, sono infatti la piccola realtà attraverso la quale si discetta di qualcosa di infinitamente grande e deputato a determinare il futuro di ogni nostro simile. Bussano alla porta non si accontenta di generare un tipo di spavento gratuito e superficiale, la paura dell’estraneo che accompagna le prime scene muta in qualcosa di ben più viscerale e complesso, ossia nel prendere atto che le nostre scelte hanno un peso sul resto del mondo.

Shyalaman ci mette di fronte a un’evidenza: chiudersi nel proprio sacro scrigno familiare è un lusso che non ci possiamo più permettere, perché solo abbracciando la comprensione di essere parte attiva nella progressiva distruzione del pianeta e della civiltà è possibile invertire la rotta e imboccare la via per la salvezza.

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